NOCI – Sono stati 283 i nocesi caduti durante la Prima Guerra Mondiale. Molti di loro erano giovani, giovanissimi, e talvolta non sapevano neppure perché erano stati chiamati al fronte, in una terra lontana (che era sempre Italia) che non avevano mai visto prima.
La cerimonia del 4 novembre dedicata all’unità nazionale e alle forze armate ha avuto quale punto cardine il ricordo dei giovanissimi nocesi che persero la vita sulle montagne friulane e venete. A quei ragazzi le parole di speranza del primo cittadino Domenico Nisi: «Sappiamo che non durò a lungo, ma noi vorremmo ritrarre, come con una macchina fotografica, la gioia di quel momento, del momento in cui vennero deposte le armi, e dedicare proprio a quel momento questa nostra cerimonia. E siccome nella gioia dell’orrore finito, non si può non ripensare a quel che è stato e a quanti quella gioia non l’hanno raggiunta, noi vogliamo ricordare quei soldati di Noci che non tornarono a casa».
Domenica mattina l’adunanza ha avuto luogo al monumento dei caduti di via Calvario. Qui esponenti politici, amministratori locali, rappresentanti delle forze armate e forze di polizia, i volontari della protezione civile, le scolaresche e la banda cittadina “S Cecilia-G Sgobba” hanno dato avvio alla cerimonia del ricordo e del rispetto. Seguendo gli studi dello storico locale Giulio Esposito i presenti si sono spostati in corteo alla stazione, ultimo luogo stampato negli occhi dei militari nocesi partenti al fronte. Le note del Silenzio e poi il cammino verso il monumento del Milite Ignoto e del Sacrario presso il cimitero comunale.
Risuona l’inno nazionale. I piccoli pronunciano 7 nomi, nessuno li conosce, nessuno ne ha memoria. Spiega il sindaco Nisi: «Sono stati 283 i nostri concittadini morti nel primo conflitto mondiale. Meriterebbero di essere ricordati tutti, con le loro storie, il loro eroismo e la loro normalità. Noi, per tutti loro, abbiamo ricordato Tommaso, Francesco, Carlo, Giuseppe, Luca e Giovanni e Gregorio: i più giovani soldati nocesi partiti e non tornati. Sono i ragazzi del 1899, avevano appena compiuto diciotto anni quando furono chiamati al fronte, qualcuno non ancora, Luca era nato del 1900. Erano giovani come questi ragazzi che hanno letto i loro nomi. Erano giovani così. E il mondo cento anni fa era molto più grande di quanto non lo è oggi per i nostri ragazzi, per i quali è avvolto in una rete che lo rende accessibile in ogni sua parte. Per i giovani nocesi del 1899 la guerra, le sue ragioni, le alleanze, i fronti… erano il buio più totale. Non potevano essere eroi, non sapevano, perché, per chi e per che cosa dovevano lasciare questo paese e la famiglia e imbracciare le armi. Non sapremo mai se nelle trincee hanno avuto il tempo e il modo di maturare una propria ragione di quella guerra, di sentire quanto importante fosse quel che stavano facendo, non sapremo mai se, quando e come si sono sentiti uomini, adulti, con la responsabilità del futuro di altre persone nelle loro mani».
Un degno riconoscimento dei militari deceduti lo si trova nel Sacrario, una parete di marmo dove sono incisi i loro nomi, e dalle stele in gesso al viale d’ingresso del cimitero.