NOCI – Il 2 giugno è la festa dell’Italia. Di quell’Italia che il 2 e 3 giugno 1946 andò alle urne, venticinque milioni di italiani si recarono in quei giorni di settant’anni fa alle urne per scegliere quale forma istituzionale avrebbe dovuto avere il Paese. Uno scontro tra due idee con l’elettorato incerto, Repubblica o Monarchia questo è il quesito referendario a cui gli italiani devono dare una risposta, dalla loro scelta dipenderà il futuro della nazione.
Una nazione che vuole dimenticare e in fretta l’orrore della guerra appena conclusa. L’esito è incerto ma alla fine il risultato è netto e chiaro. Il 54,3 per cento voterà per la Repubblica, il 45,7 per cento voterà per la Monarchia. Lo scontro tra due idee d’Italia, con l’elettorato incerto tra la paura del salto nel buio e il forte desiderio di segnare una precisa svolta rispetto a una Monarchia compromessa con il fascismo. Quella che si gioca è una partita complessa che in realtà è cominciata negli anni precedenti, negli anni della resistenza, e a cui oltre ai Savoia e ai vari schieramenti politici, partecipano i vincitori del secondo conflitto mondiale: americani, inglesi, sovietici e per giunta anche il Vaticano.
Due i grandi leader politici che svolgono il ruolo di mediatori, il socialista Palmiro Togliatti e il democristiano Alcide de Gasperi, sullo sfondo defilati ma non troppo il grande potere che i media esercitano e che hanno il coraggio di schierarsi, di “imbeccare” gli italiani. Alla fine del febbraio 1946, quando venne finalmente stabilito che gli italiani avrebbero scelto la forma istituzionale attraverso un referendum, Palmiro Togliatti propose di adottare una scheda con l’immagine del Re da un lato per chi avrebbe votato Monarchia e quella di Garibaldi dall’altro per chi avrebbe votato Repubblica, la proposta non venne mai scelta in quanto ai conservatori, non andava giù che le sinistre si appropriassero di un personaggio così rappresentativo del Risorgimento. Sulle schede gli italiani invece trovarono una donna turrita per simboleggiare la Repubblica, la corona sullo scudo sabaudo con croce bianca per la Monarchia. Comunque è giusto sottolineare come il simbolo “vincente” non conquistò mai gli italiani tanto che alla fine non sarà un caso se venne scelto di non apporre nessun disegno (al posto dello stemma sabaudo) al centro del Tricolore.
La divisione degli italiani fu chiara e si palesò soprattutto se analizziamo i numeri: 12,7 milioni votarono per la Repubblica e circa 10,7 per la Monarchia, due milioni sono uno scarto apprezzabile, (comunque tante furono le contestazioni condite da pesanti accuse di brogli e con ricorsi in Cassazione) ma anche a detta degli osservatori di sinistra la Repubblica aveva vinto con una percentuale inferiore alle aspettative poco più del 54 per cento di volti validi, contro il 46 percento raggiunto dalla Monarchia.
L’Italia come previsto è divisa e si divide sul quesito referendario: la cartina tornasole appare evidente se si analizza il voto, infatti il Centro-Nord è nettamente pro Repubblica, nel Sud e nelle Isole stravince la Monarchia. Nel profondo Sud passa il messaggio “conservatore” che vede il passaggio alla Repubblica come un pericoloso salto nel buio pieno di incognite. Due schieramenti che si danno “battaglia” decisi a perseguire le proprie scelte ed ottenere la vittoria finale. Infatti lo scontro imperversò anche dopo l’annuncio (svoltosi nella sala della Lupa di Montecitorio da Giuseppe Pagano) il 10 giugno, dei risultati del referendum e la vittoria della Repubblica (i dati ufficiali arriveranno solo il 18) si traducono nei fatti di sangue accaduti l’11 di giugno a Napoli durante manifestazioni filo monarchiche con morti e feriti, ci furono inoltre manifestazione di proteste anti repubblicani anche a Bari, Palermo e altre citta del sud, e anche nella stessa Roma. Il 13 giugno Umberto II lascia l’Italia, e il 28 giugno Enrico De Nicola è eletto dall’Assemblea Costituente capo provvisorio della “neonata” Repubblica Italiana.
Quindi è evidente che anche la “nascita” della Repubblica Italiana si realizza nel segno della divisione e che il 2 giugno non ha mai “acquistato”, come lo è stato invece per il 14 luglio in Francia o per il 4 luglio negli Stati Uniti, la forza di festa popolare infatti è solo una data “utile” per le commemorazioni ufficiali, molto più “appeal” suscita negli italiani la ricorrenza del 25 aprile, data simbolo in ricordo della liberazione dal nazifascismo che da settant’anni entusiasma e divide.