NOCI – Ha generato un dibattito sui social e tra esperti la decisione della Procura di Bari sul percorso di “de-radicalizzazione” proposto, e poi accettato, al cittadino albanese residente a Noci accusato dalla Polizia di Stato di “apologia di terrorismo”.
Gli agenti della Digos hanno trovato sui supporti multimediali in possesso all’indagato molti post inneggianti ad attentati terroristici, foto e video in cui abbraccia un fucile mitragliatore. Così oltre alla sorveglianza speciale per 2 anni con obbligo di dimora nel comune di residenza (a Noci), all’uomo sono stati ritirati passaporto e altri documenti validi per l’espatrio.
Oltre a questo la procura ha “proposto” un percorso di riabilitazione socio-religioso in collaborazione con la Comunità Islamica Pugliese. «Si tratta di un progetto assolutamente nuovo che noi accogliamo con favore – avrebbe dichiarato il presidente della Comunità Islamica di Puglia Sharif Lorenzini a laRepubblica – siamo pronti a istituire minicorsi finalizzati a fornire i principi autentici e gli strumenti giusti per resistere ai cattivi maestri». Il percorso, con doppia seduta settimanale avrebbe «l’obiettivo di offrire a Edmond Amhetaj un’interpretazione corretta del Corano e dei testi sull’islam».
Ma non tutti la vedono alla stessa maniera. La Procura Generale ha impugnato la decisione sul punto perché «rischia di iscrivere la matrice religiosa del terrorismo internazionale fra le libertà religiose tutelate dalla Costituzione». Insomma il tema sembra controverso. Anche psicologi ed altri professionisti si stanno chiedendo quale sarebbe la misura migliore da seguire. Di fatto è che dall’introduzione nel 2015 della legge sull’antiterrorismo questo è il primo caso in Italia in cui è stato chiesto di seguire un percorso riabilitativo. Il capitolo è ancora aperto.