NOCI – “La bambina che ho cullato, consolato, che ho visto crescere, che ha imparato a parlare anche insieme a me, che ho curato quand’era malata, che mi ha fatto commuovere perché con le sue manine mi faceva una carezza, la bambina che mi ha sempre chiamato mamma, adesso la mamma, l’altra mamma, ce l’ha per davvero, anche per lo Stato. Potrò stracciare la delega che mi permette di andare a prenderla a scuola. Potrò rifare i documenti, metterci anche il mio nome e partire con lei. Potrò esserle accanto senza che nessuno si possa domandare chi sono”. Commossa e felice, ha commentato così Rory Cappelli, la mamma non biologica che qualche giorno fa ha visto riconosciuta la sua figura genitoriale grazie alla sentenza del Tribunale di Roma.
Tante battaglie sono state fatte, tante coppie hanno versato lacrime amare, tanti diritti sono stati ignorati. Ma forse adesso qualcosa ha cominciato a muoversi.
Dicasi “stepchild adoption” l’adozione del configlio o l’adozione in casi particolari ovvero la condizione legale che concede al figlio di essere adottato dal partner (unito civilmente o sposato) del proprio genitore.
Appare varia la casistica: da adulti che formano nuove famiglie portando con sé figli avuti da precedenti relazioni a nuclei omosessuali in cui la prole è prodotto di una maternità surrogata o di una inseminazione eterologa.
Da tempo è prassi naturalmente legittimata nel Regno Unito, in Francia, in Spagna e in Grecia ma si presenta in una forma limitatamente diversa, inutile dirlo, soltanto in Italia laddove è garante esclusivamente per coppie eterosessuali sposate e solo dal 2007 anche conviventi.
Nessuna possibilità genitoriale dunque per persone dello stesso sesso. O perlomeno, nessuna possibilità genitoriale legalmente istituita. L’adottante per la legge non ha diritto né dovere morale e materiale verso il minore al pari del minore stesso che non può, ad esempio, chiedere gli alimenti al genitore adottivo in caso di necessità.
Ma attenzione, tutto questo vale soltanto se i protagonisti della storia sono omosessuali. Sì, perché checché se ne dica e nonostante si faccia finta di essere un Paese emancipato, la realtà si dichiara ben diversa nonché lontana da quell’uguaglianza priva di alcuna forma di discriminazione. Certamente le due mamme romane che hanno lietamente concluso il lungo e battagliato percorso ci fanno ben sperare che la luce in fondo al tunnel si stia sempre più avvicinando. Ma, ad oggi, non possiamo definirci una nazione civile finché il caso singolo, comunque una conquista, non diventerà legge ben definita e valida sempre, senza distinzioni.