NOCI – A distanza di quasi due mesi dalle elezioni politiche, dopo vari tentativi “istituzionali”, puntualmente falliti, l’ipotesi più gettonata al momento come possibile sbocco della crisi per la formazione del governo è un esecutivo «di tregua». Un’iniziativa che potrebbe prendere il presidente della Repubblica, incaricando un premier terzo da lui scelto.
Ma quali obiettivi avrebbe un governo siffatto? La priorità sarebbe sicuramente la legge finanziaria, ci sarebbe poi la necessità di rappresentare l’Italia al vertice europeo del 28 giugno ed infine il nuovo governo potrebbe favorire un accordo fra i partiti per la riforma della legge elettorale.
Il presupposto alla base del governo di tregua è l’auspicio che il Paese possa avere una legge finanziaria entro l’anno. L’esercizio provvisorio (praticamente certo se si votasse a ottobre) porterebbe infatti all’aumento automatico dell’Iva. Scontata una contrazione dei consumi, blocco delle assunzioni e crisi delle imprese. Inoltre, in assenza di un esecutivo, ci si troverebbe di fronte a un aumento dell’Iva secco senza la possibilità di compensarne gli effetti con altre misure economiche o interventi strutturali.
Tra i principali crucci del Colle c’è anche quello di far sì che l’Italia possa sedere con un governo nel pieno delle sue funzioni al consiglio europeo che si terrà a Bruxelles il 28 e il 29 giugno. Si tratta di un appuntamento internazionale di prima grandezza. Al vertice si discuterà della riforma che dovrebbe portare alla creazione di un ministro delle Finanze dell’area euro; della riforma dell’eurozona fa parte anche il completamento dell’Unione bancaria e il tema della condivisione dei rischi riguardanti il debito pubblico. Infine il capitolo legge elettorale. Il Quirinale su questo punto ha fatto trapelare un po’ di scetticismo. Ed infatti, al momento, con l’atmosfera di rissa perenne che caratterizza i rapporti tra i partiti, è abbastanza difficile ipotizzare una riforma di questo genere. Per di più il Colle tende a considerare questa materia di stretta competenza parlamentare, quindi fuori dalle competenze di un esecutivo.
Alla base della confusione vi è un sistema elettorale che non permette a nessuno di vincere. I tre poli, seppur numericamente definiti non sono autosufficienti; se ci aggiungiamo che i rispettivi leader si permettono di mettere delle preclusioni in casa d’altri, il quadro è ben delineato. Non si esce dallo stallo. Di solito questi politici (improvvisati e meno improvvisati) ritengono che la soluzione sia il ricorso alle urne: purtroppo, a mio parere, non si risolverebbe nulla per via dell’obbrobrio di legge elettorale che hanno partorito. Nel frattempo la legislatura ci costa due mensilità di circa ventimila euro / parlamentare serviti solo per fare passerella a Roma.