NOCI – Noci presenta all’interno del suo nucleo abitativo una serie di dimore signorili come Villa e Palazzo Lenti, Palazzo De Luca Resta, Villa il Monte, Villa Gabrielli o Casino Montone, Palazzo Pace, Palazzo Albanese, nonché le tante Masserie simbolo oggi di un’agiata vita aristocratica. Tra tutti queste Ville e Palazzi non possiamo non citare il Casino Mandoj-Albanese, recentemente restaurato e visitato in una lezione extra-moenia lo scorso 4 giugno dagli iscritti all’Università della Terza Età di Noci, a conclusione del corso tenuto nell’appena concluso anno accademico dal titolo Dell’architettura: così lontana, così vicina.
La villa-casina Mandoj-Albanese, sita nei pressi del complesso residenziale Harmonia in contrata Vecchio, è stata restaurata dagli architetti nocesi Piernicola Intini e Piero Intini, progettisti e direttori dei lavori. «Dopo anni di abbandono, torna a splendere la villa-casina Mandoj-Albanese costruita a Noci nel 1825 da Michele Mandoj di Corato dopo il suo matrimonio con Aurelia Albanese» ci ha spiegato l’architetto. Di seguito riportiamo i vari interventi di restauro effettuati dai due architetti per cercare di recuperare un’altra affascinante dimora presente nel nostro territorio.
«La visita è stata occasione di disquisire dei criteri e delle metodologie di recupero di immobili antichi nel solco delle teorie della disciplina del restauro concretamente attuate. Nello specifico, il restauro della villa-casina Mandoj-Albanese è stato condotto secondo criteri prevalentemente conservativi. Le innovazioni apportate, quali interventi minimi necessari per garantire la fruibilità, la vivibilità, la sostenibilità energetica e la sicurezza degli ambienti, sono state inserite favorendone sempre la riconoscibilità e la distinguibilità, la reversibilità e la compatibilità dei materiali. Il corpo centrale dell’edificio ha visto il completo recupero delle superfici esterne con le finiture costituite da intonachino Terranova sulla facciata principale. Gli intonaci dei diversi corpi di fabbrica sono stati generalmente conservati e integrati con minimi rappezzi di materiale del tutto simile composto da calce, terra rossa e paglia. Le coperture sono state riproposte in gran parte con le stesse tegole marsigliesi esistenti, conservandone le patine; la balaustra della terrazza sulla quale si staglia il prospetto principale, è stata completata con la ricostruzione dei balaustrini mancanti, modellati come gli originali di cui erano disponibili pochi esemplari, distinguendoli per mezzo di una differente tonalità cromatica, per ricomporre l’unità figurativa formale originaria. Allo stesso modo, dopo un’attenta pulitura, è stata lasciata memoria degli strati pittorici della facciata della chiesetta adiacente, dove si riconoscono le varie tinteggiature attribuite nelle manutenzioni periodiche effettuate nel corso della vita del manufatto direttamente sull’intonaco. Le opere hanno previsto la conservazione degli infissi esterni sul prospetto principale e della totalità di quelli interni e, inoltre, il recupero delle pavimentazioni in graniglia e delle cementine, integrate ove necessario da elementi identici, ricostruiti nei decori e con minime variazione cromatiche idonee a riconoscere il materiale nuovo da quello antico. Sono state sostituite le strutture dei pergolati esterni del cortile e della terrazza di servizio, riprendendo le partiture di quelle esistenti. Il cortile è stato riqualificato e dotato di nuove piantumazioni nelle aiuole. È stato riportato alla funzione prevista il ninfeo che si schiude al fondo del vialetto centrale, con una piccola vasca d’acqua e giochi di luce. Soddisfazione e gratitudine sono state infine espresse dai partecipanti che, prima di andar via, hanno scattato qualche foto ricordo».