NOCI – È possibile lavorare di meno e guadagnare tutti di più? Proviamo a rispondere a questa domanda.
Facciamo una premessa, il tema del lavoro in Italia è trattato con una visione ormai superata. Una volta i partiti di sinistra si battevano per i diritti del lavoro (anche se una delle prime riduzioni dell’orario di lavoro la fece Mussolini), per creare condizioni migliori, ma negli ultimi decenni il falso mito della produttività, del motto “più lavoro, più produco, più reddito da distribuire ho” è miseramente e lentamente crollato. Proprio la sinistra di Renzi, snaturandosi nella sua identità, ha abolito l’articolo 18.
In Europa invece il dibattito sul tema del lavoro è vivace e proiettato in avanti. Già nel 2015 in Svezia (e dove se no?) è stato sperimentato in un ospedale l’orario di lavoro di sei ore giornaliere, anziché otto, ed a parità di salario. Gli effetti sono stati positivi: le infermiere hanno dichiarato che la qualità della loro vita era significativamente migliorata, la richiesta di permessi di lavoro scesa mediamente del 10%, la loro salute percepita decisamente migliorata, i degenti si sono sentiti più curati ed hanno registrato un livello di servizio più alto, hanno percepito lo staff più felice e motivato. Infine, parte delle due ore non lavorate è confluito nella crescita di attività sociali e di gruppo.
Anche in altre nazioni europee, come in Francia ad esempio, si dibatte sulla riduzione dell’orario di lavoro, contestualmente al reddito universale di base (per noi il reddito di cittadinanza). Si va insomma lentamente in quella direzione. Con un pianeta al collasso, con il modello consumistico-materialistico che avvelena il mondo, i cibi e l’aria il costo dell’iperproduttività è ormai eccessivo, se non addirittura fatale.
Va da sé che bisogna avere una visione diversa e rivedere i modelli produttivi, consumistici e redistributivi. In fondo quello che ci frena dal lavorare meno e guadagnare tutti è proprio un retaggio culturale, un vecchio paradigma: “se lavori meno chi produce?”. Ma adesso invece bisogna iniziare a misurare le cose aggiungendo delle variabili. Se chi lavora meno è più motivato ed eroga un servizio migliore, sta creando valore. Se si lavora meno ore si creano più posti di lavoro o si fa più efficienza. Se ci si ammala di meno perché si è più felici e si vive meglio, questo impatta meno sui costi della sanità. Se ci si impegna maggiormente nel sociale sarà lo Stato a dover investire meno. Se al centro della nostra vita mettiamo meno prodotto e più relazione, inquineremo di meno, avremo meno costi di smaltimento o di bonifica dei territori. In definitiva, lavorando di meno e garantendo un reddito universale di base, forse potremo avere un premio finale molto elevato, la sopravvivenza del pianeta. Quantomeno una migliore convivenza. Se non è questo guadagnare tutti di più!