Omosessualità? Adesso basta!

NOCI – Lunedì sera insieme alla redazione di LeggiNoci.it sono stato ospite di Veronica Pivetti che ha presentato il suo film “Né Giulietta, né Romeo” al Cinema dei Trulli di Alberobello. È stata una serata stimolante, in cui abbiamo interagito con Veronica, in qualità di attrice eccelsa e di regista promettente, ma anche tra noi spettatori è nato un dibattito qualificato. Sarà per la sensibilità di alcuni momenti, ma quella sera durante e dopo il film mi sono sentito turbato. Evitiamo di recensire il film. A me semplicemente è piaciuto, ma non è detto che debba piacere a tutti, quindi vedetelo se volete e valutate da soli. Il film parla di un sedicenne che scopre la sua omossessualità ed affronta il suo travaglio in un “viaggio psicologico”. Si sa, due persone guardano la stessa cosa e ci vedono due cose diverse. Io in questo editoriale, prendendo spunto dal film, voglio dire basta all’omosessualità, nel senso che vado a spiegare.

Rocco, l’adolescente che pian piano si scopre omosessuale, dal punto di vista della personalità individuale è un molto netto, emozionale e genuino. Riesce a vivere con sufficiente naturalezza, sia il travaglio della scoperta di un suo nucleo, sia il sentimento verso le persone che ama. Siano esse amici o innamorati veri e propri. I sentimenti, come le emozioni, sono come le lacrime, fluiscono puri. C’è poco da aggiungere a questo aspetto, ecco perché dico basta! È un “basta” che vuole incitare tutti al rispetto dell’individualità. Nessuno di noi è davvero in grado di togliere o aggiungere nulla a Rocco, alla sua esperienza di crescita e scoperta interiore. Ma il mio “basta” è soprattutto significativo del fatto che il tema da attenzionare è lo sfondo. Il film mi ha turbato, perché sullo sfondo ho visto del vuoto e decadenza. Rocco ha rotto il vaso di Pandora e sono uscite tutte le disgrazie.

Ho visto uno spaccato realistico di una Italia che fatica a stare insieme in modo sano, ad essere collettiva. Lo sfondo del film ha mostrato la fragilità della scuola, in cui manca l’autorevolezza degli insegnanti. Ho visto aule dominate dagli studenti, nel linguaggio verbale e corporeo, volgare in entrambi i casi. Ho visto bagni fatiscenti, che invece dovrebbero brillare, perché accolgono i bisogni intimi delle persone. Ho visto docenti genitali. Ho visto la crisi dell’istituzione famiglia. Né il padre narcisista e materialista di Rocco, né la madre “stonata” nel momento in cui lo aveva scelto come marito, possono essere salvati. Due persone che hanno messo al mondo un figlio e sono state incapaci di restare all’interno dell’amore coniugale, di lottare per perseguire e difendere quotidianamente un equilibrio di coppia.

La difficoltà vera di Rocco, come di ogni adolescente, etero o omosessuale che sia fa poca differenza, sta nel confronto con un mondo esterno in cui restano solo le macerie delle principali istituzioni, scuola e famiglia. Rocco lotta contro pregiudizi fittizi, perché il vero muro è l’assenza di ascolto di attori collettivi troppo ripiegati su sé stessi per accogliere un sentimento vero. In questa entropia tutto si mescola e si confonde, fino al sesso tra il genitore e l’insegnante, simbolo di una promiscuità vuota e materialistica di due pilastri istituzionali sempre più privi di significato. Ecco perché dico “basta”. Il tema da riportare al centro della riflessione, ma soprattutto dell’impegno, è l’istituzione, sia essa la famiglia, la scuola, lo stato.
E come ogni vaso di Pandora che si rispetti, lasciamoci con la voce fiduciosa della nonna che dice: “io prima di essere fascista sono tua nonna Rocco, ti voglio bene”.

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