NOCI – Il Buco Bum cambia “musica” ospitando lo scorso 29 maggio uno spettacolo di narrazione a cura della nocese Rita Laforgia. Diplomata alla scuola di Teatro di Bologna ”Alessandra Galante Garrone”, Rita ha lavorato molto in Puglia e al sud, come al Museo Archeologico di Paestum occupandosi di teatro antico, portandola oggi a diverse collaborazioni a Torino. Formatasi con persone come Walter Pagliaro, Vittorio Franceschi, Claudia Busi e Marco Cavicchioli, il quale la indirizza al teatro di narrazione dove sente subito un’affinità, è anche fondatrice con altri colleghi dell’associazione culturale “Nahìa” a Bologna. Al Buco Bum invece, ha voluto presentare per la prima volta al pubblico, dopo essersi diplomata come attrice, lo spettacolo intitolato “Linee d’Ombra”, dal momento che l’associazione nocese ha voluto aprirsi al teatro, avendo al suo interno Gaetana Bruno del Teatro Pubblico Pugliese.
“Ho voluto portare uno spettacolo di teatro di narrazione inserendo 5 pezzi di autori contemporanei, da me adattati” spiega al nostro giornale Rita Laforgia. Le tematiche dello spettacolo vanno dall’omosessualità al comunismo, alla prostituzione fino ad arrivare agli immigrati e alle morti in mare. “Lo spettacolo si conclude proprio al buio, con un dialetto totalmente inventato, chiamato in termini teatrali “grammelot”, creando appunto un gioco di ombre con la torcia, come sfida nei confronti del pubblico che è il paese che il narratore descrive, raccontando quando le persone si addormentano, come metafora sull’oscurità e sull’omertà”.
E questo stile è proprio parte del teatro di narrazione “dove è sempre presente la figura del narratore, in questo caso di una narratrice. La mia sfida era quella di spaziare con diversi colori e diversi ritmi. L’ho intitolato “Linee d’Ombra” perché sono tutti personaggi che varcano la soglia del coraggio o della paura, dove c’è chi va avanti e chi resta in dietro, creando un discorso della luce e dell’ombra”. La narrazione non presenta pause e i cambi di scena sono minimi “perché nel teatro di narrazione è il punto di vista a cambiare. C’erano dei segni sempre legati alla luce o ai rumori, e la sfida era proprio quella di unirli, nonostante ci fossero dei cambi nei vari personaggi, anche se era sempre la figura del narratore che coincide con l’attrice narratrice. Non ho voluto creare degli escamotage di entrata e uscita. Era tutto lì, visibile. Ed è molto importante anche vivere con il pubblico. Fare una prova senza nessuno è abbastanza difficile perché ti serve guardare le persone”.
I temi, pensati e adattati proprio per questa partecipazione a BucoBum, sono in sintonia con quello che si voleva comunicare, con pezzi sociali, politici e attuali e basati sul coraggio. “Un po’ su quello che stiamo vivendo oggi, dove è sempre più difficile comunicare. Sono voluta arrivare direttamente al pubblico proprio pensando a questo tipo di spazio, perché mi ero già innamorata di questa sede prima che diventasse Buco Bum, adattandola in base alle luci che avevo e che mi hanno fornito”.