NOCI – Tornano gli appuntamenti del Centro Studi sui Dialetti Apulo-Baresi con la presentazione dell’ultima gioia letteraria di Mario Gabriele dal titolo “A róse sòtt’o cuappidde”, avvenuta lo scorso sabato 6 maggio all’interno del Chiostro delle Clarisse.
Il libro è una raccolta di 20 poesie dialettali che mostrano come il dialetto nocese non sia una lingua volgare e oramai superata, bensì si tratta di una lingua ricca di cultura ed eleganza. Infatti, come sostenuto proprio dall’autore, «il dialetto è una lingua povera, di classe subalterna. Ho tentato di costruire delle poesie manipolando il dialetto con estremo coraggio, ed è venuto fuori un linguaggio dialettale iperletterario, coltissimo».
Nel corso della serata, l’autore è stato affiancato dal suo collega del Centro Studi Giovanni Laera, il quale ha presentato il libro, definendolo «il punto più alto della poesia dialettale fatta a Noci». Egli definisce la poesia di Mario Gabriele una poesia civile, poiché afferma: «Questo libro ci tiene lontani da una doppia corruzione, morale e linguistica. È una dimora in cui possiamo ripararci dalla società che ha messo fine alla comunità. È un libro sull’essere umano che diventa oggetto senza rendersene conto».
Per comprendere a pieno il significato delle poesie, bisogna soffermarsi sul sottotitolo del libro, ossia cetrànghele, che nel nostro dialetto nocese significa cianfrusaglie, indicando proprio quegli oggetti che sono stati dimenticati poiché considerati inutili, ma che un tempo avevano un valore per l’intera comunità. E sono proprio questi i veri protagonisti della poesia di Mario Gabriele, «grazie alla quale tornano a parlarci con uno sguardo nuovo, che non è nostalgico, bensì costruttivo». Proprio come i personaggi delle poesie, oramai dimenticati, anche il dialetto stesso è stato messo da parte, ma con questo libro è possibile riscattare questa lingua.
La serata è stata arricchita dalla curata ed appassionante lettura di alcune delle poesie tratte dal piccolo volume, come Na ramagghje de fragne, A fezzatòre, Firre de cavadde, A lucernédde, Carte de giornèle, Péte da fracére, U mbrejèle, Péta cucciòle, U preciudde, A graste, A rόse du quadre, U cuappidde, per poi concludere proprio con Cetrànghele, rigorosamente interpretate da Antonio Natile, Francesco Galassi, e dagli stessi Giovanni Laera e Mario Gabriele. Inoltre, a dare un tocco di allegria in più è stato il chitarrista Gianni Pinto, che in segui alla lettura dei brani si è esibito in piccoli intermezzi musicali.