NOCI – Da giovedì 1 ottobre è disponibile su tutte le piattaforme musicali (Youtube, Spotify, Apple Music, iTunes, Shazam, Deezer, ecc.) il primo singolo della cantante nocese Zeudi Lopinto. La giovane e promettente artista, classe 1996, con la passione per la musica ed una voce incantevole, ha esordito con un brano dal titolo “Acquario”, con la produzione di Vinyl Sound di Niki Intini.
È una storia di amore e passione, rabbia e paura, interpretata dalla voce elegante e al contempo sensuale di Zeudi: su Youtube, il brano ha già superato il migliaio di visualizzazioni. Ai nostri taccuini, la talentuosa artista nocese si racconta, con umiltà e determinazione, svelandoci la radice biografica del singolo, composto quasi di getto in una notte di potente delusione.
– Allora, partiamo dalle origini: com’è nata la tua passione per la musica?
La passione per la musica è nata grazie alla mia famiglia! Mia mamma è un soprano, suo padre un basso; il mio papà è un musicista e suona nell’orchestra della Croce Rossa Italiana e suo padre oltre ad essere un ottimo clarinettista per anni è stato maestro di musica. Come vedi, era davvero difficile non respirare anche solo una piccolissima parte di tanta cultura musicale che spaziava dall’opera al jazz. Le correnti sono state davvero tante, ma mancavano di uno dei più importanti (per me), il soul, che chiaramente era ben lontano da quanto loro suonassero.
– Quali cantanti hanno maggiormente influenzato la tua crescita artistica?
Papà mi ha influenzata tantissimo nell’ascolto di jazz e swing statunitense, quindi era inevitabile che cominciassi ad ascoltare le celebri voci femminili soul degli anni Cinquanta, Sessanta come Aretha Franklin (regina del Soul), Etta James, Peggy Lee, Doris Day, Billie Holiday e tutte le voci che a loro si sono rifatte come Whitney Huston, Mariah Carey, Celine Dion, Beyoncé… la lista sarebbe davvero interminabile! È chiaro che il mio pezzo ha poco a che vedere con quanto citato, ma è stato sicuramente influenzato da un altro grande amore che ha accompagnato le mie giornate, ovvero l’R&B e il pop di diretta conseguenza.
– Raccontaci ora un po’ la genesi di questo tuo primo singolo: com’è nata l’idea e quale è stato il percorso per la sua realizzazione? Oltre ad interpretarlo, hai composto tu il pezzo?
L’idea del pezzo è nata per caso. Credo che da tutto ciò che influenza le nostre giornate si possa trarre del buono o quanto meno ti insegna qualcosa. Tutto è nato una notte, dopo l’ennesima delusione d’amore. Partiamo dal presupposto che non ho mai scritto testi in vita mia, ma quella sera fu come se avessi davvero bisogno di far uscire tutti i pensieri che non mi lasciavano dormire. La cosa mi spaventò molto perché non scrissi con l’intenzione di mettere giù un testo in rima, ma venne fuori così nel giro di un’oretta. Il mattino seguente provai a canticchiarci su una melodia e mandai la registrazione vocale alle mie migliori amiche. Chiaramente la fase embrionale del pezzo era molto diversa da quanto potete ascoltare oggi, ma mi sorprese vedere che quel ritornello era rimasto nella loro memoria e lo ricanticchiavano ogni volta che ci vedevamo. Quindi ho deciso di crederci un po’ di più e vedendo che la cosa poteva funzionare mi sono affidata a Niki nello studio e nella realizzazione totale del pezzo. Mio è quindi il testo e la linea melodica, la base invece non l’ho composta io ma un produttore.
– Quali sono i temi che il brano intende toccare e a chi si rivolge in particolar modo?
Il tema principale è sicuramente quello della delusione d’amore e in particolar modo della violenza che siamo capaci di fare su noi stessi solo attraverso il pensiero. Il testo altro non è che un dialogo con me stessa, sai, quelle cose che vorresti aver detto a tempo debito ma ti ritrovi a rimuginare di giorno in giorno. Questo ti fa del male perché non lasci che quell’esperienza scivoli via, ti resta addosso. Questa è una cosa davvero quotidiana che nessuno ha mai il coraggio di ammettere. Quando ci confidiamo con qualcuno si dicono sempre delle mezze verità, non per mancanza di fiducia in un amico/a, ma perché non siamo tanto coraggiosi da voler ammettere le nostre colpe. Ma quelle tornano nel preciso istante in cui rimuginiamo sull’accaduto ci diamo esattamente gli stessi consigli che non riuscivamo ad accettare dall’esterno. Prendiamola come un sorta di presa di coscienza che ti porta, ad un certo punto, a superare autonomamente quello scoglio. Il pezzo, quindi, va ad analizzare come fosse una sorta di flusso di coscienza quello che è (o che è stato) l’errore più frequente prima del distacco, ovvero il ritorno sui propri passi attraverso un escamotage ricorrente per tutti, ovvero il riappacificarsi con i sensi. Questo ti lascia in un limbo infinito in cui o decidi di abbandonare la presa o decidi di continuarci a girare intorno come fosse un girone infernale. Ora, io in questo momento ti ho parlato di rapporti “sentimentali” ed è quello che ho mostrato, ma in realtà chiunque può benissimo trarne significati diversi a seconda della sua esperienza; potrebbe trattarsi di “relazioni” in senso più ampio o addirittura di dipendenze vere e proprie da qualsiasi cosa a cominciare dalle affettive e finire in campi davvero sterminati. Così come ampissimo è il raggio d’azione, altrettanto ampio vario è il pubblico a cui mi rivolgo.
– E il videoclip? Quali sono state le difficoltà nel tradurre parole e note in immagine?
Non è stato semplice, perché è difficile tradurre in immagini un pensiero. Quindi abbiamo pensato di mostrare ciò che di più “materiale” fosse possibile immaginare. Francesco Manfredi, il videomaker per l’appunto, è stato veramente bravissimo perché avremmo potuto rischiare di mostra qualcosa di molto molto diverso rispetto alle intenzioni. Abbiamo scelto il tema amoroso perché chiaramente tutto da lì è partito e abbiamo deciso di rendere quella “violenza” psichica attraverso quella fisica, ma che, premo sottolineare, nulla ha a che vedere con la mia esperienza personale. La bravura è stata quindi quella di Francesco nel rendere “soft” con il montaggio il tutto, senza eccedere sui vari fronti, quello sensuale e quello più violento, e di Ambrogio (attore) nell’interpretare in maniera ineccepibile la parte del “Bad boy”, per intenderci. L’acqua ha una grande importanza in questo senso. Quando siamo sott’acqua sembra di essere soli con sé stessi, si ha quasi la percezione di sentire i propri pensieri, quindi le scene più “dure” che sono quelle dello spintone iniziale e della mano al collo iniziano in casa e finiscono sempre in acqua, proprio per sottolineare il fatto che quell’azione non è reale, ma in un certo senso inconscia, immaginaria, finendo in un contesto diverso per l’appunto.
– Vuoi ringraziare qualcuno, in particolare, che ti è stato accanto in questo progetto?
Mi sono stati vicinissimi nella realizzazione tutti i miei amici, a partire dalle mie migliori amiche Miriana, Asia e Marianna che mi sono state vicine ogni qual volta qualcosa non andava e che quindi hanno assistito in diretta alla nascita di questo pezzo e per finire agli addetti ai lavori, ottimi amici oltre ad essere grandi professionisti nel loro campo, come Niki Intini che mi ha permesso di registrare e di lavorare sul pezzo, Vincenzo Abbruzzi, un sassofonista fuori dal comune che ha dato calore e carattere al pezzo, Francesco Manfredi che ha curato il videoclip e che ha sopportato tutte le mie follie e per finire Ambrogio Locardo (Bobo), che si è prestato nelle riprese attirando su di sé l’attenzione della maggior parte del pubblico femminile (un’ottima scelta insomma).
– Sogni nel cassetto ed obiettivi futuri?
Ho sempre specificato nei miei post che la realizzazione di questo progetto era di per sé il mio sogno nel cassetto, ce ne sono altri che hanno a che fare con questo lavoro, ma preferisco tenerli lì riposti per ora perché questo per me è un hobby, un modo per allentare la tensione; ma se qualcosa si dovesse smuovere sicuramente non mi farei rincorrere. Mi pongo come obiettivo, però, quello di provare a continuare a scrivere non per sperare in chissà cosa, ma soprattutto per me, per alleggerire un po’ lo stress della vita quotidiana mia e di chi mi ascolta.