NOCI – “Spassciatele u pallon” e “Sparpagghiamene” sono le parole prese in prestito da un supporter con le quali il candidato sindaco Domenico Nisi ha incitato i sostenitori della coalizione Noci Nisi 2018 in occasione del secondo comizio di quartiere tenutosi domenica pomeriggio nei giardinetti di via don Emanuele Caronti.
Nel lungo monologo del candidato sindaco si è partito dai programmi elettorali per cui «non basta una semplice nomenclatura delle cose da fare, quello fa parte dell’ordinarietà amministrativa, ma vi deve essere una visione futura della città ed è quello che noi inseriremo nel nostro programma che sarà dato alla stampa e alla cittadinanza. Noi vediamo una Noci solidale ed inclusiva superando l’individualismo che attanaglia la città». E passa ad un esempio: «quando abbiamo messo su il banco alimentare e quello farmaceutico non era per rispondere ad un bisogno individuale ma per far capire che questo bisogno può essere soddisfatto solo se la comunità si mette insieme e lavora. L’evoluzione, sarà quello dell’assistenza medica e sanitaria e una consulta dei migranti».
Poi Nisi passa a parlare di aree verdi e fa mea culpa sul mancato affidamento dell’attività posta ai giardinetti di via Caronti, sede del secondo comizio di quartiere, per problematiche burocratiche, ma insiste sulla risistemazione del parco Madonna della Croce, Abiatarea e di quello posto in via E Vittorini. Si aggancia a quest’ultimo punto il PUMS (Piano Urbano della Mobilità Sostenibile): «presto a quell’atto dobbiamo dare attuazione», dice Nisi. «Per noi Noci non può essere più solo la città dell’enogastronomia» tuona dal cubo su cui parla. «Ci dà un brand che è valido solo 2 giorni l’anno ma che per il resto non ci dà nulla. Noci deve diventare la città delle arti e della cultura». Anche Nisi parla di turismo. Per lui vi deve essere “un turismo lento e di contemplazione”. «Questo turismo dovrà passare necessariamente dalla bellezza dei luoghi e dalla riattivazione delle botteghe artigiane».
E chiude dicendo: «Queste sono le cose che dobbiamo fare, per questo “diffido” delle mere elencazioni. Altrimenti ci si candida a fare l’ordinario, e l’ordinario non espone a critiche».