NOCI – Il titolo dell’articolo che ho scelto oltre ad essere un po’ fuori le righe potrebbe apparire fuorviante. Eliminiamo ogni fraintendimento: non intendo assolvere Siri dalle accuse dei magistrati che faranno il loro mestiere ma voglio condividere con voi la mia impressione sull’intera questione: la vera lotta che si sta consumando è quella tra Di Maio e Salvini. Due sondaggi hanno spinto il pentastellato a convincere il premier Conte ad accelerare sul siluramento del sottosegretario leghista Armando Siri.
La prima rilevazione, scrive il Messaggero, riguarda proprio Siri, indagato per corruzione: “Il 65% degli italiani la pensa come me – lo sfogo di Di Maio – e dunque come noi: il sottosegretario deve andarsene”. A fronte di un misero 13% contrario alla rimozione del leghista, spiega ancora il capo grillino ai suoi collaboratori, Matteo Salvini non potrà rompere “sulla questione morale, sarebbe un autogol”. L’altro sondaggio è molto negativo per il Movimento, che alle elezioni europee ballerebbe tra il 20 e il 22 per cento. “Troppo poco – è l’allarme di Di Maio -, la nostra soglia psicologica deve essere del 25%, altrimenti con la Lega sopra il 30 il governo è a rischio”. E allora perché non sfruttare una bella vicenda giudiziaria per cogliere due piccioni con un Siri? E’ dunque solo un discorso di opportunità politica nel momento in cui Di Maio accusa cali di consenso.
Forse non è chiaro che governare è tuttaltra cosa che criticare: l’esempio lampante è la Sindaca di Roma che, quando non era sindaco criticava le buche, la sporcizia ed il fallimento dei mezzi pubblici che interessano la capitale più bella del mondo mentre oggi le giustifica. Ma per tornare ai principali contendenti mi sono preso il fastidio di andare a vedere ma chi cazzo è Siri ed ho scoperto cose interessanti: Giornalista pubblicista dal 1998, ha lavorato a Mediaset, è stato attivista della gioventù socialista, amico personale e collaboratore di Bettino Craxi. Dal 2014 collabora con la Lega Nord per il progetto di flat tax al 15%. Alle elezioni politiche del 2018 viene eletto senatore e diventa sottosegretario del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nel Governo Conte. Ma la cosa più interessante è che nel 2014 patteggia una condanna a un anno e otto mesi di reclusione per bancarotta fraudolenta in seguito al crack di “MediaItalia”, società da lui presieduta, indebitata per oltre 1 milione di euro.
Nel 2018 ha dichiarato di non aver mai conseguito la laurea in scienze politiche che gli è stata attribuita in diverse occasioni in passato da almeno il 2004. A questo punto risulta evidente che non si tratta di uno stinco di santo ma allo stesso tempo bisogna considerare che “la questione morale” deve essere tale sempre: quando è stato eletto era già un pregiudicato per cui era in quel momento che bisognava valutare la opportunità di nominarlo sottosegretario e non oggi solo perché calano i consensi. Amici miei approfondite sempre le questioni perché “non sempre è come sembra”, e poi… chi ca*** avrebbe mai parlato di Armando Siri, illustre sconosciuto.