NOCI – Politici superficiali, gente che scappa portandosi il virus altrove, insulti a chi propone lo stop del calcio: com’è morto il valore del rispetto collettivo? C’era una volta la famiglia che insegnava (con le buone o con le meno buone) l’educazione, il rispetto per gli altri, il senso di solidarietà. Valori che contribuivano a crescere con l’idea di appartenenza ad una comunità, di unità nazionale.
C’era una volta. Perché le prime ore di zona rossa nell’intera penisola a causa del coronavirus hanno dimostrato che questa educazione non c’è più. E che è proprio il fallimento educativo che sta uccidendo l’Italia. Cittadini e politici devono condividere questa colpa a cui è ancora possibile rimediare se si fanno le dovute riflessioni perché un popolo che non si ferma a pensare è un popolo destinato, inevitabilmente, all’ignoranza ed alla catastrofe economica. Un’affermazione esagerata? Lo si diceva anche 15 giorni fa quando, dopo il primo caso accertato di Covid-19 in Italia, suonavano i campanelli d’allarme: qui si rischia l’epidemia, avvertivano gli addetti ai lavori.
I numeri, purtroppo, hanno dimostrato che avevano ragione. A discapito di chi ha voluto prendere la situazione sottogamba e continuare a fare finta di niente, pur di preservare le proprie abitudini. L’epidemia si è allargata e ora i cittadini del Nord sembrano scossi da una situazione tanto anomala da non sembrare vera.
Divieti, raccomandazioni, restrizioni. Che non hanno capito fino in fondo. Anche grazie a qualche sprovveduto funzionario delle istituzioni e a certi politici che, davanti alle telecamere, fanno dei discorsi da incorniciare ma che, nella pratica, hanno un comportamento a dir poco discutibile. Pure loro, quindi, sono vittime del fallimento educativo. Quali sono i segnali di questo fallimento? Basta guardarsi in giro e riflettere su quello che è successo nelle ultime ore e che ancora sta succedendo.
Non è accettabile, ad esempio, che qualcuno faccia filtrare dall’ufficio stampa della Regione Lombardia la bozza di un decreto non ancora firmato dal presidente del Consiglio, con l’Esecutivo ancora riunito per discuterlo e, forse, modificarlo. Vogliamo pensare che sia un caso il fatto che il governatore lombardo, Attilio Fontana, lo criticasse alle agenzie di stampa poco dopo.
Non è nemmeno accettabile che se la diffusione di quella bozza ha gettato nel panico i cittadini, intenti ad uscire il prima possibile da quella che da lì a poche ore sarebbe diventata zona rossa, si dia la colpa ai giornalisti. Non è nemmeno accettabile che centinaia e centinaia di persone si riversino ammassate (alla faccia del metro di distanza) nelle stazioni ferroviarie milanesi incuranti dell’epidemia che possono trasmettersi a vicenda in quel momento. Che si arrivi a tanto così dal mettersi le mani addosso per salire su un treno e rischiare di portarsi altrove il virus che magari è stato appena preso nella folla. E rendere banali, così, gli sforzi di chi sta tentando di preservare la salute, il lavoro ed i soldi di tutti.
Non è accettabile che i dirigenti della Federcalcio prospettando lo stop al campionato di serie A nell’interesse di tutti, vengano riempiti di insulti sui social perché «toglietemi tutto, ma non il pallone». Non è accettabile pensare che tutto questo sia sempre colpa degli altri. Qui ciascuno si deve prendere la propria responsabilità se vogliamo uscirne: il politico, il cittadino, l’esercente, l’imprenditore.