Coronavirus: le testimonianze dei nocesi rimasti al nord

NOCI – L’emergenza Covid-19 avanza e dalla Cina, passando per Codogno, il virus è approdato anche a Noci. L’appello unanime, oggi più che mai, è quello di restare a casa, per favorire il contenimento del contagio. In tal senso, come noto, nella notte dello scorso 8 marzo è stato firmato un nuovo decreto che ha stabilito il divieto di ingresso e di uscita dalla Lombardia e da altre 14 province (Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Venezia, Padova, Treviso, Asti, Vercelli, Novara, Verbano Cusio Ossola e Alessandria).

La notizia, circolata in via ufficiosa prima dell’approvazione, ha generato un panico incontrollato, con un folle assalto ai treni verso Sud. In migliaia si sono riversati nella natia Puglia, assommandosi a quelli che avevano già fatto ritorno nelle giornate precedenti. Un esodo incredibile, immagini che hanno fatto rumore, con scene senza precedenti, destinate a restare nella storia di questo momento buio. Ma nessuno ha parlato dei numerosi pugliesi che, invece, sono rimasti lì. E, a dispetto di quel che si crede, sono tanti.

Tra questi anche molti nocesi che con coraggio e lucidità, con sacrificio e coscienza, non hanno fatto alcuna valigia, proteggendo se stessi e gli altri, ovvero ciascuno di noi. Riteniamo quindi giusto dar voce ad alcuni nostri compaesani, riportando le loro testimonianze, dalle quali traspare il loro profondo senso di responsabilità che merita un doveroso plauso. In queste ore di panico e di caccia agli “untori”, la lettura delle loro storie può aiutarci a gestire le nostre paure e a comprendere la necessità di restare, tutti, nelle nostre case.

Cesare Sportelli, Milano: “Da 3 anni e mezzo vivo nel centro storico di Milano e sono qui con la mia ragazza. Mi sono trasferito inizialmente per studio e poi sono rimasto per lavoro. In merito all’esodo della scorsa notte, penso che la popolazione si sia fatta prendere dal panico senza ragionare sugli effetti che potrà provocare la loro scelta. L’unico modo per fermare l’avanzare del virus è proprio quello di evitare contatti non controllati da norme sanitarie ed è proprio quello che è stato fatto. Senza considerare che, purtroppo, la situazione ospedaliera al sud non è attrezzata come nelle regioni settentrionali e quindi gestire una simile ondata di contagi risulterebbe ancora più complicato. Io e la mia ragazza abbiamo deciso di restare innanzitutto per attenerci alle disposizioni date dal governo ed, in secondo luogo, per evitare di essere noi stessi dei veicoli della malattia, nonostante per il momento stiamo bene. Qui naturalmente la situazione non è delle migliori, a Milano siamo costretti a restare in casa e limitare al massimo gli spostamenti. In una situazione del genere essere così lontani dai proprio familiari non aiuta, ma è soprattutto nel rispetto della loro salute che resterò qui”.

Alessandro Lobefaro, Milano: Vivo al Nord da circa 3 anni, da un mese sono rientrato a Milano dopo essere stato un anno e mezzo a Torino. Sono un lavoratore e condivido casa con un altro ragazzo di Noci, anche lui lavoratore. Lo scorso weekend è stata fatta una scelta poco responsabile da parte dei nostri coetanei e conterranei, perché si è data precedenza all’istinto, il voler rivedere a tutti i costi i primi cari, non pensando che un’azione del genere non fa altro che mettere a rischio sia le nostre famiglie che la nostra terra, che sappiamo non essere attrezzata per fronteggiare un’eventuale emergenza che spero non si verifichi. In questo caso il miglior modo per dimostrare l’affetto verso i propri cari sarebbe stato rimanere qui, per la nostra e per la sicurezza di tutti. Naturalmente qui è dura, ma cerchiamo di andare avanti, non facendoci prendere dal panico che di fatto non farebbe che peggiorare ulteriormente la situazione. Io sono un commerciale, quindi le scorse settimane ho anche lavorato, mettendo in atto tutte le norme igieniche-sanitarie prescritte. Quello che bisognerebbe fare in tutta Italia è appellarsi al senso civico, non farsi prendere dal panico e rispettare le norme che ci vengono suggerite, evitando in primis di uscire. Non è facile, ma è l’unica modo che abbiamo per superare questa epidemia”.

Beatrice Dongiovanni, Novi Ligure: Mi trovo a Novi Ligure in provincia di Alessandria, in Piemonte. Sono qui dal febbraio 2015 e sono da sola. Sono fuori Noci per motivi di lavoro, in quanto sono un’insegnante della scuola dell’infanzia a tempo determinato. Rispetto all’ esodo di massa dello scorso weekend non mi sento di prendere una posizione netta: siamo stati sottoposti a stress mediatico, notizie a volte false che si rincorrevano in maniera quasi brutale. La confusione del momento può  generare panico nella gente e penso che abbiano seguito più l’istinto che il raziocinio. Io stessa ho avuto momenti di sconforto, ma quando è stato pubblicato il decreto ho preso la decisione di rimanere a Novi Ligure per proteggere la mia famiglia,  gli amici e i miei concittadini dal rischio di contagio. Sono scelte che pesano come macigni e soprattutto pesa la lontananza in questo momento così delicato dai propri affetti più cari. Il mio senso civico ha prevalso per il bene di tutti coloro a cui tengo. Nelle prime settimane di emergenza è  stato difficile mantenere l’equilibrio e metabolizzare quanto stava accadendo. La mia  famiglia mi è costantemente vicina con videochiamate rassicuranti e incoraggianti. Poi ci sono i parenti e gli amici che a distanza mi fanno sentire meno sola e tanto amata. Cerco di organizzare al meglio le mie giornate a casa: abbiamo delle restrizioni che sto seguendo scrupolosamente. È un momento di estrema difficoltà per tutti. L’ augurio che faccio a me stessa e a tutti coloro che si trovano nella mia condizione è di ritornare presto in una situazione di normalità.  Spero di ritornare nel mio paese natale per le vacanze di Pasqua e poter riabbracciare i miei nipotini e la mia famiglia. Un abbraccio a tutti i miei concittadini  nocesi. Ce la faremo e saremo più  forti di prima”.

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