Nella parte 1) di questo articolo dicevamo che la tendenza che ritroveremo nel 2016 sarà di uno storytelling che predilige il realismo, le storie vere. Questa declinazione dello storytelling ripaga l’investimento. Ci sono studi e benchmark che danno riscontri positivi (gradimento e ricordo) su spot realizzati facilitando l’identificazione attraverso storie vere. Soprattutto sulla clientela “soggettiva”, “sensoriale” e “affettiva” si attivano nuclei profondi e radicati. Ovviamente è fondamentale farlo calibrando bene il differenziale emozionale. Infatti una delle N variabili del successo in comunicazione è la capacità di mantenere in equilibrio le emozioni. Quindi evitare il prevalere di emozioni negative, come talvolta si nota in tv o sui cartelloni pubblicitari. Ma è anche importante non esagerare con le emozioni positive, per evitare di cadere in quel mondo fin troppo bucolico che invece si allontana dal realismo.
Come detto questo trend si confermerà anche nel 2016, ma era in atto da tempo ed è assolutamente utile all’obiettivo di costruire relazioni intangibili tra cliente e brand, passando per l’umanizzazione del brand. Occorre tuttavia tenere conto della personalità di brand che si va a modificare (o costruire per le star up). Una persona è una persona, che pure può recitare una parte, ma il brand è frutto di attività continuative di comunicazione e umanizzarlo non è certamente garanzia di successo, dove l’umanizzazione va nella direzione opposta all’anima del prodotto-servizio. I casi di incoerenza tra la personalità e l’anima sono molto frequenti. Se questo è il trend, cari marketer, esperti di comunicazione e creativi, seguire un trend potrebbe essere più sinonimo di fluttuazione collettiva che di successo. Da qui l’incitamento a determinare un trend, scendendo nelle sue declinazioni, più che esserne plasmati. Insomma, siate originali e scientifici.
Anche perché, in fondo, l’obiettivo fondante è costruire fiducia nel cliente ed essa passa per una serie di variabili che ripagano solo se in equilibrio tra loro. L’idea creativa, la coerenza tra anima del prodotto-servizio e la personalità di brand, il differenziale emozionale, la differenziazione e l’ombra della personalità di brand. Sono tutte componenti che, pensate ad uno spot video, si alimentano attraverso il setting, la velocità delle scene, gli attori, i colori, la musica, la voce fuori campo. Solo uno studio scientifico a monte può guidarne l’equilibrio e dare forma ad una comunicazione efficace. Quando, ad esempio, l’idea creativa, lo storytelling, la musica e la voce fuori campo sono eccellenti, ma le immagini vanno della direzione opposta, il ROI (Ritorno sull’Investimento) dello spot ne risente. Il gradimento ed il ricordo ne risentono, di conseguenza nel cliente si attiva la rimozione, tende a scordarsi lo spot. Ecco l’importanza di avere un equilibrio complessivo.