NOCI – È stato il protagonista della maturità 2017, l’autore scelto dal Miur per la prima prova scritta di italiano. Giorgio Caproni è diventato l’emblema di migliaia di studenti che quest’anno si preparavano a sostenere gli esami di stato, spiazzandoli in quanto non si aspettavano di dover fare i conti con uno degli autori più (s)conosciuti del ‘900 italiano. Caproni è stato un poeta, un critico letterario e un traduttore italiano che continua a far parlare di sé grazie all’opera Il franco cacciatore, pubblicato nel 1982 e, oggi, tradotto in dialetto nocese da Mario Gabriele, presidente del Centro Studi sui Dialetto Apulo-Baresi.
«Ritengo Giorgio Caproni uno dei più grandi poeti del ‘900 italiano e condivido a pieno le tematiche che compongo quest’opera», ci spiega l’autore di questa nuova edizione dell’opera. Questo è confermato anche da Chiara Fasano, anche lei membro del Centro Studi e curatrice dell’introduzione del volume. «I sui testi si distinguono dal principio per l’immediata comunicatività e per la musicalità che tiene insieme leggerezza ironica e mediata malinconia» ma, in seguito si assisterà «alla trasformazione degli antichi idilli immobili in esperimenti con esiti quasi narrativi che incarnano un tipo di letteratura che possa appartenere alla vita di tutti, che tutti possano riconoscere e sentire propria’». Infine, Caproni compirà una terza svolta: «le poesie sono ridotte a pochissimi versi e il peso delle raccolte poggia tutto sulla stessa architettura, compatta e organica perché richiede che i componenti siano letti in maniera continuativa al fine di coglierne i tantissimi richiami che instaurano tra loro, fino a cerare quasi un gioco di specchi».
Il registro linguistico utilizzato, invece, «è il dialetto arcaico senza alcuna contaminazione neodialettale, rimanendo, nella traduzione, molto fedele al testo». Infatti, come Angela Liuzzi spiega nel libro Cantico dei cantici la traduzione «rappresenta di per sé uno strappo, una ferita, un tradimento nei confronti del testo originale. Traducendo, inevitabilmente si rischia di perdere le sfumature, le vibrazioni più intime e talvolta anche il senso complessivo dell’opera di partenza: il testo tradotto piò essere considerato a tutti gli effetti un’opera nuova, che prende le mosse dall’originale per evolversi in qualcos’altro. Questo capita per svariati motivi: talvolta a causa del protagonismo del traduttore, che si sente giocoforza un po’ autore anche lui; oppure perché l’originale è troppo distante dalla cultura in arrivo per permettere una resa fedele; ancora, semplicemente a causa della complessità del testo». Mario Gabriele è stato, quindi, molto rispettoso nella traduzione del testo per non tradire il messaggio autentico di Caproni.
Non è la prima volta che il presidente del Centro Studi si presta a tradurre opere letterarie nel nostro dialetto. Dal 2002, anno in cui Mario incomincia questa attività, ha tradotto in vernacolo nocese La verità, vi prego sull’amore di W. H. Auden, i libri biblici Qohélet, il già citato Cantico dei Cantici e Giona, nonchè Crisòtemi, tratto dal volume Quarta dimensione di Ghiannis Ritsos. Nella sua ultima traduzione troviamo, invece, tutta l’opera Il franco cacciatore e come appendice è presente Bisogno di guida, tratto da Il muro della terra dello stesso Caproni.
La pubblicazione sarà presentata mercoledì 18 ottobre presso una nota birreria sull’estramurale nocese. Tutti coloro che si presenteranno all’evento avranno modo di ricevere in omaggio il volume per conoscere più da vicino questo grande autore del nostro Novecento.