NOCI – Il 18 e 19 febbraio scorso, venti esperti di tutto il mondo si sono riuniti a Treviso per la dodicesima Giornata Internazionale di studio del paesaggio e si sono confrontati su un tema di grande attualità: il ritorno del bosco.
Sul ritorno del bosco, è stata costruita una riflessione critica su un processo in atto, ben visibile nei paesaggi che ci appartengono, denso di contraddizioni e conflitti, ma anche di segnali di riconciliazione.
Il tema proposto ha assunto una connotazione specifica, che s’interroga sullo scorrere nel nostro mondo del doppio registro che vede da un lato l’erosione di pascoli e campi un tempo coltivati per via di un bosco che inesorabile avanza, mentre dall’altro vede intere regioni sconvolte da opere di disboscamento. Si tratta di una questione che possiede, non solo nel campo dell’ambiente e del paesaggio, altre dualità, come quelle legate a una cultura occidentale che per molto tempo ha temuto l’oscura vicinanza del bosco e che oggi, invece, ne subisce un’evidente fascinazione.
In questa attrazione ritroviamo, più o meno coscientemente, molti degli aspetti simbolici, narrativi, botanici ed ecologici che la cultura del giardino, a partire dalla concezione quattro-cinquecentesca del “Selvatico”, aveva saputo riconoscere e interpretare e che, nel corso delle giornate, sono stati discussi, con esperienze che giungono perfino all’emblematica vicenda del bosco di querce del National September 11 Memorial a New York.
Il “ritorno del bosco” è un tema che non interessa soltanto i paesaggi pastorali e agricoli per i quali oggi assistiamo a un profondo mutamento del loro equilibrio, ma si manifesta anche a Noci, nel nostro paese – dal disordine delle periferie urbane alla misura raccolta di spazi aperti progettati – con espressioni che ritrovano anche con forme inedite il legame fertile e contradditorio che scorre tra la società contemporanea e la cultura che da sempre individua nel bosco una parte imprescindibile dei paesaggi, oggi visibile, per esempio, nelle aspirazioni da parte di una società civile che ricerca nella prossimità di un bosco l’idea di una nuova qualità dell’abitare.
Il territorio di Noci era anticamente caratterizzato dalla presenza di fitti ed estesi boschi, molto apprezzati dai nobili come terreno di caccia. Fino all’anno 1000 si può ragionevolmente supporre che tali boschi facessero parte di un ecosistema maturo, in uno stato di climax perfettamente bilanciato. Già in epoca medievale però si iniziò a considerare i territori boscati quale bene da trasformare in favore delle colture. Si assistette quindi ai primi disboscamenti, che pur non compromettendo irreversibilmente gli antichi boschi originari, sicuramente li impoverirono.
Il problema dei disboscamenti a Noci si ripropone poi in maniera sicuramente più urgente ed estesa nei decenni a cavallo dell’unità d’Italia. Agli inizi dell’800 erano stati molti i boschi distrutti nel Regno di Napoli, tanto da indurre il governo a porvi un freno istituendo un’apposita amministrazione forestale.
Oggi nel territorio di Noci sono assenti i boschi originari ossia quelli immuni dall’azione dell’uomo.
I boschi relitti sono invece, fortunatamente, ancora numerosi e occupano una superficie di circa 2195 ettari, pari al 17% dell’intero territorio comunale , e sono costituiti per il 90% da fragno e per il 10 % da roverella. Noi nocesi siamo, quindi, cittadini fortunati. Impariamo a rispettare questa “fortuna” salvaguardando i nostri boschi, piantando nuovi boschi e favorendo il ritorno del bosco a Noci.
DANIELA FUSILLO – Ass. MurgiAmbiente