NOCI – Si è concluso nel giorno dedicato al ricordo della Shoah la manifestazione “Il tempo che resta”, iniziata mercoledì 25 gennaio e che ha visto una tre giorni intensa e piena di incontri dedicati al ricordo, affinché ciò che in passato è accaduto non venga replicato in futuro.
L’ultimo appuntamento è stato concretizzato sempre all’interno del Chiostro delle Clarisse lo scorso 27 gennaio con il titolo “Il canto spezzato”, nome del progetto musicale del gruppo Ventanas 4tet, pensato per la giornata della memoria. La manifestazione si è aperta con il laboratorio di filosofia per bambini “Mutamento e identità”, a cura di Lina Lippolis. «È sicuramente il tempo della memoria, il tempo del ricordo e anche il tempo di un futuro su cui costruire imparando dagli errori del passato» ha spiegato Lina Lippolis, prima di lasciare la parola al sindaco Domenico Nisi, il quale ha ricordato l’episodio accaduto ad Altamura, dove un parroco, con un post su Facebook, ha dichiarato di voler eliminare, attraverso un referendum, la giornata della memoria. «Oltre a guardare al futuro, guardiamo anche a ciò che accade oggi» ha commentato il primo cittadino.
La serata si è avviata, così, alla sua conclusione. Una prima parte è stata dedicata alla lettura, da parte di Francesco Tinelli, di una riduzione del racconto della tradizione ebraica, il quale titolo ha dato il nome alla manifestazione, ovvero “Il tempo che resta”. Subito dopo si è tenuto il concerto del gruppo formato da Vito M. Laforgia al contrabasso/viola da gamba, Nicola Puntillo ai clarinetti, Adolfo La Volpe alla chitarra/oud e Giacomo Mongelli alla batteria, i quali, nonostante il percorso formativo e artistico molto diverso tra loro, sono accomunati dal suond mediterraneo. I brani eseguiti per l’occasione sono dell’artista americano di origine ebraica John Zorn, insieme a due brani tradizionali, uno di origine armena e uno di origine ebraica, oltre ad alcune composizioni del già citato Vito Laforgia. Ed è proprio a lui, ideatore della manifestazione, che abbiamo rivolto alcune domande.
Come nasce la scelta di suonare i brani di John Zorn?
Amo la musica di Zorn. Quella suonata, in particolare, ha, evidentemente, una forte connotazione yiddish e strutture che permettono libertà interpretativa e di improvvisazione.
Può fare un bilancio dell’evento? Gli obiettivi sono stati raggiunti? È rimasto soddisfatto della sua riuscita?
Grazie alla spontanea iniziativa di uno straordinario gruppo di persone, al supporto di enti pubblici e sponsor privati e, non ultimo, alla sensibilità di un pubblico attento e curioso, questi giorni, spero, abbiano contribuito a mantenere viva l’attenzione sull’importanza del concetto di memoria e sulla necessità, improrogabile, di considerare l’accoglienza e l’integrazione (sempre e comunque) un aspetto fondante del vivere civile.
Da quello che ha potuto notare, c’è stata partecipazione da parte dei cittadini nocesi?
Si e anche da parte di nocesi di adozione, come, per esempio, cittadini provenienti da altre nazioni.
C’è qualcosa che avrebbe voluto inserire e che invece non è stato possibile aggiungere alla manifestazione?
Per essere alla sua prima esperienza, questo gruppo organizzativo ha dato il meglio, anche se, quando si trattano temi così importanti, c’è sempre spazio per ulteriori riflessioni.
Potrebbe esserci una prossima edizione?
Questo è il nostro intento.