NOCI – “Tu chiamale se vuoi…emozioni”. Emozione per un pallone che gonfia la rete, emozione per un goal segnato dalla tua squadra del cuore, la squadra della tua città. Il calcio è lo sport popolare, il più praticato e seguito del pianeta.
Il calcio ha il potere di unire tutti sotto lo stesso vessillo, bandiera, il calcio è campanilismo allo stadio primordiale, giustamente rivendicato, caratterizza l’appartenenza, alla fine un vecchio adagio recita “una moglie la puoi anche cambiare ma la squadra del cuore, no, non si cambia, mai”.
Il tifo è unico, l’attaccamento ai propri colori è motivo di orgoglio, di vanto, dipende dai risultati, ma comunque nel bene e nel male resta sempre la tua squadra.
A Noci, purtroppo questo sembra essere ormai negato, dopo l’ultima debacle della Real Noci, che purtroppo, partita con presunti sogni di promozione ahinoi è finita mestamente con una retrocessione, materializzatasi nello spareggio playout con il Bitritto.
Il catino del De Luca Resta “tempio” profano di mille “battaglie” vinte e perse ha assistito mestamente alla fine di un sogno.
Una stagione caratterizzata dalla disorganizzazione figlia di personalismi, figlia della presunzione di una “masnada” di dirigenti a dir poco “incompetenti”. Che senso aveva, ha avuto, illudere i supporters nocesi, alla vigilia del campionato? A settembre a Paolo Dalena (bandiera del calcio biancoverde) veniva consegnata una “rosa” altamente competitiva, almeno sulla carta, che riportava entusiasmo nella tifoseria, tanto da “riscomodare” il gruppo ultras dei “Nocivi” che immediatamente risvegliati dal coma, dall’armadio tiravano fuori: bandiere biancoverdi, tamburi, trombe, striscioni e sciarpe, e tutti di corsa nuovamente a presidiare la curva per cantare ed incitare i propri beniamini. La domenica pomeriggio magicamente ritornava ad avere un senso. La stagione calcistica, era caratterizzata da risultati non positivi e lo spogliatoio diventava “bollente”, la dirigenza decideva per l’esonero di mister Dalena.
Al suo posto arrivava Ricci, ma intanto la dirigenza era impossibilitata nel mantenere gli impegni presi con i giocatori, che non percependo più quanto pattuito, immediatamente emigravano per altri “lidi” più floridi.
La squadra veniva così smembrata nella sua “natura”, nel suo assetto presuntamente vincente, alla fine anche mister Ricci fa le bizze ed abbandona la squadra portandosi dietro i “mercenari” da lui stesso ingaggiati.
E così si ritorna all’antico, al “vecchio usato garantito”, Michele Perillo che tenta di salvare il salvabile ma è troppo tardi. L’emigrazione dei giocatori scontenti ed amareggiati continua, tanto che per l’allenatore trovare gli undici titolari da mandare in campo diventa impresa difficile ed ardua. La dirigenza oramai allo sbando, abbandona la nave, lascia e si defila. Ma il contenzioso col Comune di Putignano per la gestione del Torino ’49 è dietro l’angolo. Armati di orgoglio, coraggio e passione l’allenatore ed alcuni giocatori “figli” del vivaio nocese unitamente ad alcuni imberbi virgulti nocesi doc, restano in trincea volti alla difesa di quei colori biancoverdi che hanno fatto la storia.
Una storia fatta di successi, targati Pro Patria, Polisportiva Noci, Nuova Polisportiva Noci, Sport Noci, le gesta eroiche, le mille partite, le vittorie e le sconfitte, le gioie e le delusioni del passato, nel silenzio del vetusto e glorioso “De Luca Resta” ancora oggi si “odono”. Un urlo, un boato per un pallone che gonfia la rete.
(in foto Polisportiva Noci, da sinistra in piedi: Pellecchia, DiVenere, Di Bello e Volarig – Accosciati: Colucci, Lomelo, Madaro, Armenise, Cassano e Magaletti)
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