NOCI – Quando si parla di crisi dei valori mi chiedo sempre di quali valori stiamo parlando. Oggi pensando alle trivellazioni nel mare Adriatico ho realizzato che un valore su tutti da recuperare – semmai lo abbiamo avuto – è la “consapevolezza”. Evito le valutazioni ingegneristico-statistiche, questo tema saprei trattarlo anche coi numeri, invece voglio farlo soprattutto coi simboli. Recentemente una giovane amica, a me cara, si è imbattuta in una organizzazione con fini di lucro. Questi, senza esitazioni di sorta ed al solo fine di guadagnare soldi, hanno fatto ingresso nei nuclei profondi della persona, creandole un serio scompenso psichico. Ed anche un danno economico, di riflesso. L’hanno letteralmente trivellata. Mi scatta spontaneamente l’analogia col tema della trivellazione dei nostri mari. Qualche lobby, ispirata da un dio narcisistico e materiale, ha interesse di attraversare i nostri fondali per estrarre una energia che verrà tradotta in soldi. Si stima un profitto capace di garantire diverse settimane di consumi. Eh, sì, siamo la società dei consumi … Dunque, favorevoli o sfavorevoli alle trivellazioni?
Se la persona a me cara si fosse aperta coi ritmi della natura, probabilmente quell’andare lento in profondità, nella sua intimità, l’avrebbe migliorata, resa più consapevole, con essa anche i suoi figli e le generazioni a venire. Personalmente sarei stato favorevole. Se il contenuto è l’energia, sia essa psichica o petrolio e gas, il contenitore è certamente il modo ed il fine di estrarla. È questa consapevolezza il valore sociale che oggi ci manca. Senza di essa, dall’oggi al domani, ci ritroveremo con le trivelle campeggiare davanti i nostri lidi. Su un piatto della bilancia c’è la ricchezza economica che ne deriverebbe, quindi l’incremento dei posti di lavoro, l’indotto all’economia locale, la riduzione della dipendenza energetica dall’estero. Sull’altro piatto c’è l’inquinamento, il rischio di terremoti e ripercussioni economiche sul turismo e sulla pesca.
Il mare è un simbolo profondo che ci appartiene, è una risorsa naturale troppo importante perché le politiche strategiche vengano lasciate a pochi, che magari apriranno le gambe a una logica consumistica americana. Loro vivono su una giostra che corre veloce, forse consumano perché hanno paura di morire. Ci sono politici che guardano con ammirazione e desiderio quella giostra. Ma noi siamo sani, ci scorre nelle vene la cultura ed il ritmo naturale delle stagioni. Noi riconosciamo il nostro tempo. Perciò i politici da soli non possono decidere in merito ad un bene così rilevante. La Puglia ha saputo fin qui vivere di laboriosità, di agricoltura, di pesca, di accoglienza, di turismo, di commercio. I pugliesi sono stati bravi al punto da essere premiati. Da anni la Puglia è prima regione turistica italiana. Abbiamo l’energia del sole ed il vento che ci spinge. A chi serve questa nuova accelerazione?
Trivellare è una decisione che non appartiene né Matteo, né a Renzo. Qui serve portare a consapevolezza la questione, aprire una stagione di riflessione, un ciclo di convegni in tutti i paesi, dove si confrontano le diverse posizioni. E poi il referendum. Bisogna dire a Matteo Renzi che il rischio di rinunciare al polipo arrosto o ai ricci crudi deve essere assunto dai baresi, che a convertire l’economia dell’accoglienza in economia delle risorse energetiche devono deciderlo gli albergatori ed i commercianti nocesi. Bisogna dire a Renzi che se sta pensando a qualche trucchetto per impedire il referendum la Puglia glielo impedirà. In ogni modo, con ogni mezzo, tutti insieme, sotto la stessa bandiera, quella di una scelta consapevole e collettiva. E se non sarà così vuol dire che il polipo eravamo noi.
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