L’Àneme di muérte o Halloween?

NOCI – La sera del 31 ottobre si festeggia ormai dappertutto Halloween. Anche a Noci si vedono gruppi di bambini mascherati da scheletri o fantasmi che girano per le strade del paese e suonano i campanelli delle nostre case chiedendo dolci con la seguente formula: “Dolcetto o scherzetto?”. A questo punto, li riempiamo di caramelle per evitare che possano “vendicarsi” con qualche dispetto poco piacevole.

Questa festività, recentemente introdotta in Italia, sta progressivamente sostituendo una festa molto antica, chiamata a Noci l’Àneme di muérte, ossia ‘l’anima dei morti’, celebrata non a caso il 2 novembre. Anche in quell’occasione i bambini passeggiavano per le strade di Noci alla ricerca di frutta o dolci. La peculiarità che rende interessante questa festa è la formula dialettale usata nel dialogo tra bambino e padrona di casa: “Che l’àneme di muérte, ò ditte mamme m’à ddè dό fiche?” “E ajjòvve te l’à mmètte?” “Ind’o veddiche” (trad. “Per l’anima dei morti, ha detto la mamma: mi dai due fichi?” “E dove li metterai?” “Nell’ombelico”).

Al dialetto dell’antica festa nocese, dunque, si è sostituito l’italiano, anche se in realtà “dolcetto o scherzetto” non è altro che la traduzione della formula ricattatoria inglese “trick-or-treat”. Non dimentichiamo che nei paesi anglosassoni ai bambini delle elementari viene insegnata anche una filastrocca che contiene i due termini della formula: “Trick or treat, smell my feet, give me something good to eat” (trad. “Dolcetto o scherzetto, annusa i miei piedi, dammi qualcosa di buono da mangiare”).

Le differenze non finiscono qui. Se ad Halloween la richiesta verte essenzialmente sul “dolcetto”, l’Àneme di muérte già nella prima domanda posta alla padrona di casa prevede il dono di un frutto: a fiche ‘il fico’. In altri centri pugliesi, tra cui Cisternino, al fico si sostituisce la melagrana (a sète). Fico e melagrana, dunque. Perché?

Il fico secco e la melagrana simboleggiano la morte. Un’ipotesi molto suggestiva lega questi due frutti alla figura di Dioniso, dio arcaico della linfa delle piante e in seguito del vino e dell’ebbrezza. Che c’entra – vi chiederete – Dioniso con la festa dei morti? In realtà questo enigmatico dio affronta, come Gesù Cristo, l’esperienza della morte e della resurrezione: viene infatti ucciso dai Titani per volere di Era e in seguito risorge grazie all’aiuto della nonna Rea. Ora, il fico e la melagrana sono entrambi frutti cari a Dioniso.

Nel legno di fico si intagliavano i falli che accompagnavano il dio nelle processioni. Il melograno, secondo la mitologia greca, sbocciò dal sangue di Dioniso morente e il frutto della melagrana, che si fende a forma di ferita e mostra i chicchi rossi all’interno, è simbolo di morte, ma è anche promessa di resurrezione. La suggestiva Tomba delle Melagrane, che possiamo visitare a Egnazia, ci dà conferma della valenza simbolica di questo frutto.

A Noci la sera del 2 novembre, inoltre, veniva imbandita una tavola perché i morti potessero banchettare come un tempo. A questo banchetto la bevanda che non doveva mai mancare era il vino. Eppure, il vino nel folclore meridionale non era inteso solo come simbolo funebre. Anzi, anticamente il primo bagno del neonato veniva effettuato in acqua tiepida e vino o in vino tiepido proprio a causa del valore corroborante attribuito tradizionalmente a questa bevanda. In seguito, il liquido usato per questa sorta di battesimo veniva gettato fuori casa se il neonato era maschio, nella cenere del focolare se era femmina, a testimonianza del differente destino che attendeva gli uomini e le donne.

Il vino come bevanda della morte e della resurrezione, dunque. Anche questo era noto ai Greci, se già Eraclito aveva paragonato Dioniso, dio dell’energia vitale e delle falloforie, ad Ade, il dio degli inferi, delle ombre e dei morti.

Benché attualmente ci siano diverse differenze tra Halloween e l’Àneme di muérte, non dobbiamo dimenticare che queste due feste cadono non a caso nello stesso periodo. Halloween in origine coincideva con il Capodanno celtico, che cadeva il primo del mese di novembre. In seguito, alla fine del secolo VIII, l’episcopato franco sostituì la ricorrenza celtica con la festa di Ognissanti. Come si celebrava questa antica festa pagana?

Tra il 31 ottobre e il primo di novembre i Celti festeggiavano l’inizio dell’anno recandosi nei cimiteri e trascorrevano lì la notte tra canti e libagioni perché erano convinti (e questa convinzione è comune a tutti i periodi di passaggio da un anno all’altro) che in quelle ore i morti ritornassero sulla terra per entrare in comunione con i vivi. Il giorno seguente, festa di Samhain, celebravano il nuovo anno. Anche in Italia il cuore dell’autunno coincide con l’inizio di una nuova stagione agraria: il grano viene seminato, scende dunque negli inferi per intraprendere il suo cammino verso la futura germinazione. Il banchetto imbandito per i morti il 2 novembre ce lo dimostra chiaramente.

La festa dei morti, peraltro, non viene celebrata solo in Puglia, ma anche in molte altre regioni d’Italia. In Sicilia, ad esempio, le mamme raccontano ai figli che, nella notte tra 1 e 2 novembre, i parenti defunti escono dal cimitero e vanno in giro per le strade della città, entrando in pasticcerie e negozi per rubare dolci, giocattoli e vestiti nuovi da regalare ai bambini che sono stati buoni durante l’anno e che hanno dimostrato con preghiere e fioretti il loro attaccamento ai morti.

Per questa ragione, per quanto il clamore mediatico e commerciale suscitato dai media su Halloween rischi di oscurare le antiche tradizioni italiane, non dobbiamo più di tanto rattristarci e sussurrare con astio e nostalgia frasi sui “mala tempora” che viviamo. Piuttosto, in un’epoca come la nostra, in cui della morte e dei morti è quasi vietato parlare, dovremmo cercare di coltivare con consapevolezza la meravigliosa fragilità del nostro stare al mondo. E dovremmo farlo festeggiando. Perché è solo in questa vita che noi possiamo celebrare la comunione dei vivi e dei morti.

Pertanto, festeggiate l’Àneme di muérte e – se proprio non potete farne a meno – pure Halloween!

 

Giovanni Laera

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