NOCI – Con una manifestazione sobria la comunità benedettina della Madonna della Scala ha festeggiato l’11 luglio il suo monaco fondatore San Benedetto da Norcia. Una messa sublimata dalla presenza di Mons Giovanni Intini, vescovo di Tricarico originario di Noci e molto legato alla sua città natìa che ne ha officiato la messa accompagnato dal Padre Abate.
Una santa messa molto partecipata quella svoltasi martedì all’interno dell’abazia nocese che Padre Abate Giustino Pege ha sottolineato come «un legame molto forte tra la comunità benedettina e la cittadinanza nocese». Legame e rapporto tra uomo e dio, e tra persone è stato il filo conduttore su cui si è basata l’omelia di Mons Giovanni Intini. Sulla base della Seconda Lettura di San Paolo, il vescovo nocese di Tricarico ha sottolineato il rapporto di figliolanza tra Dio e Gesù che rimanda ai rapporti famigliari coevi, «la relazione con dio non toglie la libertà dell’uomo ma tende a potenziare l’esistenza dell’uomo, una relazione che si basa su accoglienza, custodia, e ascolto. Accoglienza, quella parola che Dio sussurra all’uomo, custodia della parola di Dio, e l’ascolto che significa pazienza. E l’obiettivo di questa relazione qual è? Scoprire il timore del Signore e la conoscenza di Dio. Il timore del Signore ovvero non è la paura di Dio ma l’equilibrio della relazione uomo-Dio dove l’uomo è sempre accogliente nei confronti di Dio e Dio è sempre delicato nei confronti dell’uomo. Allora l’obiettivo è vivere in questo scambio amoroso. In questo percorso l’uomo si avvicina alla conoscenza di Dio».
Mentre su San Benedetto: «sulla conoscenza di Dio San Benedetto ha costruito la sua proposta di vita non solo per i suoi monaci, ma nei confronti di tutti. Non dobbiamo dimenticare che San Benedetto è il patrono di Europa e questo elemento ci fa pensare come il nostro continente, per antonomasia cristiano, ha perso il vigore di questa qualità della vita perché vive un tragico tramonto della propria fede».
Mons. Intini chiude la sua omelia con un rimando alla regola benedettina per eccellenza e uno sguardo al futuro. «Ora et labora – dice – non può essere valutata solo come “prega e lavora”, ma deve porgere anche attenzione all’oggi, operare per progettare una storia nel futuro di Dio. Un insegnamento quello di San Benedetto che ha attraversato i secoli ma che rimane di stretta attualità».