NOCI – A partire dal 30 giugno si terrà il rinnovo del Consiglio dell’Ordine degli Architetti della provincia di Bari. Tra i candidati anche il nocese Giuseppe Intini che per l’occasione ha risposto alle domande di LeggiNoci sui temi dell’Ordine tracciando una panoramica sul mondo dell’architettura e un pensiero su Noci.
Architetto Intini, perché ha deciso di candidarsi al Consiglio dell’Ordine degli Architetti? “Sono attivo in politica e nel sociale. Candidarsi per migliorare la propria professione o mestiere è necessario se nessun’altro ha questo impegno”.
Quali sono le sue idee, proposte e visioni di programma? “ORDINE d’IDEE è la compagine con la quale condivido il programma base che si snoda attraverso i seguenti punti: coworking per professionisti, formazione continua e di qualità, portale web aggiornato, riduzione delle quote, architetti on line, data base per i professionisti e sportello legale e previdenziale. A questi ho elaborato un DIG, dig in inglese è zappare, scavarsi dentro, il mio diario elettorale e divulgato sulla pagina facebook del mio laboratorio, ove pensieri aggiuntivi rafforzano sia i punti elencati che l’apertura al dialogo, della partecipazione attiva e continua degli iscritti. Non meno importante avvicinare le altre professioni e la comunità alla cultura del progetto, all’intelligenza condivisa per progettare l’architettura, la pianificazione, il paesaggio e la conservazione”.
Quale innovazione vera necessiterebbe oggi l’ordine degli architetti, ammesso che sia fattibile? “Una piattaforma digitale capace in tempo reale di avvicinare l’iscritto alla gestione condivisa del suo mestiere, una divulgazione permanente attuata attraverso l’implementazione di un contenitore, una casa dell’architettura aperta a tutta la comunità fulcro di cultura, arte, scienza e socialità”.
Qual è la cultura nocese dell’architettura? “Il progetto architettonico è compito dell’architetto ma a Noci progettano tutti e questo implica che manca una definizione matura e consapevole sia di cosa sia la cultura che i mezzi umani per elaborala giacché l’architettura rimane frutto del potere economico dell’illuminato committente, privato o pubblico. Non ho mai ricevuto a Noci un incarico pubblico e questo è grave. In ogni caso restano i miei progetti, costruiti e non, ad indicare come architettura di qualità sia edificabile restando nei costi, nel rispetto delle norme e soprattutto fonte di appartenenza civica”.
Quale gap secondo lei urge colmare a Noci sotto il profilo architettonico? “Noci è un conglomerato urbano disunito frutto di speculazione edilizia incapace di portare al centro i rapporti unitari degli spazi pubblici, condizioni salubre e tecniche innovative. Spazi urbani desolanti producono alienanti disfunzioni sociali e nessuna architettura. Una considerazione sarebbe quella di ricucire la città attraverso luoghi e connessioni capaci di unificare e dare senso completo ai quartieri e la loro appartenenza a una visione condivisa della città, ed ovviamente il suo territorio. Non meno importante è la cittadinanza e la presa di coscienza della propria identità individualmente di persona e non mero individuo. Attuare un contagio in pienezza positiva e in libertà affinché il passaggio necessario da conglomerato urbano a comunità urbana avvenga”.