“PANE E MELOGRANO”: un Sud senza tempo nelle 20 tele di Stefano Turi

NOCI – È stata inaugurata sabato 15 settembre la mostra di pittura di Stefano Turi, “Pane e melograno”, ospitata al Chiostro delle Clarisse fino al 19 settembre. L’esposizione delle 20 tele giunge a conclusione della seconda edizione di BarsentoArte, la rassegna artistico-culturale organizzata da Luminares, volta alla riscoperta del nostro territorio attraverso il potere dell’arte. Il pennello del maestro Stefano Turi si intinge, difatti, nei colori, sapori ed odori tipicamente nostri, squisitamente meridionali. Figlie del Sud, le sue tele si pongono in una dimensione temporale indefinita con oggetti del passato, come l’antico macinino del caffè, che convivono con altri senza tempo, qual è ad esempio il melograno con la sua inesauribile energia vitale. La pittura di Turi sembra così porsi all’incrocio tra l’ieri, l’oggi e il domani, capace quindi di trasmettere significati allo spettatore di qualsiasi età.

A presentare la mostra, durante la serata d’apertura, è l’architetto nocese e neodirettore dell’Accademia delle Belle Arti Giancarlo Chielli, che spiega magistralmente ai presenti i punti di dialogo tra la produzione del pittore nocese e la grande storia dell’arte di tutti i tempi. Tra le sue tele vi ritrova il russo Chaïm Soutine, con i suoi colori vividi ed il suo espressionismo, ma ancor più il francese Paul Cézanne, con il gioco di sovrapposizioni, con la pennellata che costruisce il volume, con l’oggetto che si inserisce abilmente nel contesto. Dall’esempio di questi grandi maestri, Turi trae la sua arte, di fatto personalissima, uguale solo a sé stessa. Un’arte fatta di oggetti semplici, ma mai soli nello spazio, con un’acuta consapevolezza degli orizzonti; un’arte fatta di terre colorate che affiancano abilmente il bianco ed il nero con punte di estrema vitalità offerte dal rosso; un’arte fatta di riflessione e che alla riflessione vuole invitare. In un’epoca di false certezze la sua pittura vuole infatti aprire al dubbio, essere finestra sull’incerto, pausa in cui fermarsi a pensare sospesi tra le radici ed il futuro.

Turi non è un decorativo, spiega ancora l’architetto Chielli, non carica il dipinto di cose, ma attua l’operazione inversa, ben più delicata, qual è quella del sottrarre. Sottrae per lasciare sulla scena solo il soggetto che conta, per farlo parlare a piena voce, senza che debba lottare con altri per contendersi l’occhio dello spettatore. E così le tele hanno come protagonisti soltanto un melograno, un ferro da stiro, un macino, un’anfora, dei fiori, silenziosi ma al contempo eloquenti, in un continuo gioco di luci ed ombre, ricordi e sogni.

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