NOCI – Correva l’anno 1960 quando lo psichiatra Boris Levinson, nella cura dei suoi pazienti, cominciò ad utilizzare l’apporto benefico della compagnia degli animali scoprendone notevoli vantaggi terapeutici come il positivo effetto su stress, ansia e depressione.
Si definisce oggi “pet therapy” il trattamento integrativo che si fonda sull’interazione uomo-animale mirante a determinare migliorie laddove esistano patologie e problematiche fisiche, psichiche o comportamentali. Una co-terapia, un’educazione assistita che non sostituisce bensì affianca i metodi di cura tradizionali.
L’animale, scelto in base al caso clinico specifico e alle preferenze del paziente, diventa una costante nella quotidianità del malato e lo aiuta a focalizzare l’attenzione sul deficit in un’atmosfera di condivisione.
Sebbene manchi una legge di portata nazionale, la pet therapy è riconosciuta in Italia in tutto il suo evidente potere oggettivo.
Che si tratti dell’accompagnamento di adulti o bambini, gli effetti positivi sono i medesimi: diminuzione della pressione arteriosa, riduzione dell’irrequietezza, empatia, autosufficienza, controllo di movimenti violenti, innalzamento del tono umorale. E c’è di più. Il paziente comunica con l’animale, gli parla e lo ascolta, permettendo un non indifferente sviluppo o recupero di qualità linguistiche e di esplicitazione delle emozioni.
Va da sé che le sedute di pet therapy richiedano un lavoro contestualizzato di equipe che unisca la professionalità di un medico veterinario, la sapienza del responsabile del progetto, l’esperienza di un coadiutore dell’animale e la supervisione di un educatore o infermiere o psicologo.
Fatto sta che gli animali possono aiutare a guarire.