Retrobottega, in ricordo del sarto Vito Grilletti

NOCI – Pubblichiamo di seguito la nota scritta dalla nipote Caterina Quarato in omaggio al sarto Vito Grilletti a conclusione della mostra realizzata da Katia Grilletti in collaborazione con Confartigianato su proposta del Consigliere Comunale Paolo Conforti e il Dott. Enzo Bartalotta tenutasi dal 27 al 29 dicembre presso il Chiostro delle Clarisse.

Segna, pulisci, premi forte con il ferro. Stai.
Strofina il gesso. Affilalo un po’. Segna più in là. Usa l’acqua e pulisci di più. Solleva quel ferro e poi buttalo giù.
Devi starci un altro po’. Un polso sull’altro, il manico sotto. Il vapore che sale, la stoffa che tira.

mostra-vito-grillettiSe fosse un film, comincerebbe esattamente così. Due mani che corrono sulla stoffa, sapientemente scelta tra i migliori tessitori. Della cartella colore si prediligono nero, antracite, gessato blu, gessato nero, gessato grigio, sabbia, cammello, fumo. Ma può spuntare in primavera un verde oliva abbinato a bottoni oro o un giallo canarino per i tailleur da donna. Pochi, per la verità, ma preziosi come diamanti.

Perché, in fondo si sa: se non hai cura, se non hai occhio, se non hai talento, puoi cucire sì, ma non creare.
E lo sapeva bene anche lui, Vito Grilletti, tornato dalla grande Milano degli anni ’70 nel piccolo paese di origine, con tutto un mondo nuovo tra le mani. Parlano di lui come un sarto all’avanguardia, creativo e pieno d’innovazione. Retrobottega lo dimostra: gli abiti sartoriali del sarto dall’accento milanese non erano certo semplici abiti.

La Sartoria Grilletti era in grado di consegnare inimitabili creazioni, rifinite a mano come fossero gioielli. Basta guardare le maniche: scorrono lungo il braccio e fino al polso in un modo così unico che pensi siano state cucite con te dentro.

Una storia, quella della Sartoria Grilletti, lunga decenni, fatta di rocchetti, tessuti, cartamodelli e sempre occhi sorridenti. Una vita passata a tagliare, segnare, imbastire, misurare, scucire e imbastire di nuovo; fermarsi alla Necchi e affondare il piede. E a ogni affondo, a ogni giro di crochet, un punto fermo e sicuro cuciva i lembi di un tessuto e tesseva storie immortali. E che orgoglio ritrovare i suoi abiti in giro per Noci. “Vedi quel signore là? L’ho vestito io quello lì!”. Ogni abito restava un po’ irrimediabilmente il suo; così, a ogni incontro casuale, ti donava quell’ultimo tocco da dare, una spolverata al vestito con le mani proprio lì, dietro al collo e poi giù a tirarti il bavero, ché gli abiti vanno indossati sempre con eleganza.

Perché dopo tutto Vito non creava solo capi eleganti per professione; Vito l’eleganza l’indossava ogni giorno, che fosse ferragosto o prima di una cerimonia, in fila in edicola o mentre con fare sicuro e incalzante camminava con le sue stringate per strada. Stretto nella sua camicia a quadretti con le iniziali ricamate, il cardigan ben abbottonato e il cappotto sulle spalle, sorrideva a chiunque. E sorriderebbe anche adesso nel vedere i suoi amici e i suoi affetti raccolti qui, nel suo amato retrobottega a ricordarsi di lui. E mentre sereni giriamo tra i suoi manichini, rapido afferrerebbe le pesanti forbici dal tavolo di lavoro e taglierebbe via quel fastidioso peluncolo di cotone rimasto lì, tra le cuciture della giacca di tiratura industriale, mentre sornione ci sorride e ci tira un pizzicotto.

 

Caterina Quarato

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