“Sempre il primo tra gli ultimi.” – Gino Strada

<<È morto Gino Strada!>> Sono queste le parole che sono rimbombate, nella testa di ognuno di noi, in un normalissimo pomeriggio di agosto. Parole che mai avremmo voluto sentir dire, in modo particolare in questo preciso momento storico. Dinanzi a questa notizia, ognuno di noi, indistintamente, ha subito pensato al Grande Gino Strada, uomo incorruttibile, da sempre in “prima linea” in quelle parti del mondo dimenticate dall’uomo e forse, chissà, anche da Dio. Ognuno di noi ha subito ricordato il fondatore della più grande associazione umanitaria italiana mai fondata prima, Emergency, pensando di aver perso, purtroppo, un grandissimo “personaggio” della scena mondiale. Ma Gino Strada, “personaggio” non lo è mai stato. In lui “persona” e “personaggio”, come raramente oggi accade, hanno sempre coinciso. Gino Strada, ha sempre mostrato la sua natura più intima, più pura, mettendola, ogni giorno della propria vita, al servizio “dell’altro”.

Luigi Strada, fin da piccolo chiamato Gino, nasce, a Sesto San Giovanni, in provincia di Milano, il 21 aprile 1948 e cresce in un ambiente profondamente cattolico, mai indifferente alla realtà sociale circostante. Subito dopo aver conseguito la maturità classica, s’iscrive alla facoltà di “Medicina e Chirurgia”, individuando, ben presto, il proprio “fuoco sacro” nella Chirurgia d’urgenza. È qui che inizia a prendere forma, in Strada, la volontà, concretizzatasi anni più tardi, di fondare un’associazione umanitaria che fosse al servizio degli ultimi del mondo. È proprio nel 1994 che quest’idea non resta solo un’idea: fonda, insieme alla moglie e ad una ristretta cerchia di amici e colleghi, “Emergency”. Nell’idea originaria di Gino Strada, si sarebbe dovuta trattare di un’associazione umanitaria avente lo scopo di garantire cure mediche e chirurgiche gratuite e di qualità alle vittime della guerra, delle mine antiuomo e della povertà. E così è stato.
<<Se osservi la vita da un lettino operatorio, sul quale passano le vittime delle bombe – sosteneva il filantropo – le tue prospettive di vita cambiano. Non si può essere neutrali.>> E Gino Strada non lo è stato, mai. Il primo progetto dell’associazione che lo vede in prima linea è in Ruanda, durante il genocidio del 1994. Poi si trasferisce in Cambogia, in cui resta per alcuni anni. Nel 1998 parte per l’Afghanistan, ove rimane per ben 7 anni, operando migliaia di vittime di guerra e di mine antiuomo. Contribuisce inoltre, all’apertura di altri progetti nel Paese: oggi Emergency è presente nel territorio dell’Afghanistan con 3 ospedali, 1 centro di maternità e una rete di ben 44 presidi ospedalieri di primo soccorso. Nel corso degli anni, fino ad oggi, Strada e i suoi chirurghi hanno operato circa 11 milioni di persone in tutto il mondo.

Anni fa, nel corso di un’intervista, Gino Strada, ricordando i casi che, più di tutti, gli sono rimasti nel cuore, non poté non citare il caso di Soran, un ragazzino operato in Iraq. <<Aveva una gamba amputata da una mina. Qualche anno fa è venuto a trovarmi. – affermò commosso Strada – Fa l’avvocato.>> Il caso di Soran fa prendere consapevolezza del fatto che operare in zone di guerra, specialmente nel caso in cui i pazienti siano bambini, non significa soltanto “riportarli alla vita” restituendogliela, ma significa anche “dargli una seconda possibilità”. Significa dimostrar loro che ognuno di noi, indipendentemente dalla parte del mondo in cui ha la fortuna o sfortuna di nascere, può, con le proprie forze, riscattarsi, migliorando le personali condizioni di vita.

Gino Strada se n’è andato lo scorso 13 agosto, mentre era al servizio della propria gente. Se n’è andato mentre l’Afghanistan “esplodeva”. Se n’è andato mentre i talebani entravano a Kabul. Chissà cosa penserebbe nel vedere la “sua” terra, soprattutto dopo i fatti degli ultimi giorni, martoriata, “rasa al suolo” e riportata indietro di più di un ventennio. Se n’è andato per problemi cardiaci, Gino Strada. Proprio lui che di cuore ne aveva fin troppo, probabilmente intossicato dal tanto dolore che i suoi occhi hanno dovuto vedere, negli anni, in zone del mondo di cui, molto spesso, noi ignoriamo anche l’esistenza. E se, davanti a tanto dolore e tanta disperazione, non ha retto il cuore di grand’uomo come lui, come potrà, dinanzi ai tragici episodi di Kabul degli ultimi giorni, reggere il nostro?

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