NOCI – Notoriamente siamo un popolo di Santi, navigatori e … commissari tecnici. In questi giorni dopo l’esclusione della nazionale italiana (con ben quattro mondiali vinti) dalla partecipazione al campionato Mondiale che si terrà in Russia, tutti si sono scatenati contro tutti; tipico dell’italiano medio: seguire il gregge. Io Gian Piero Ventura non l’avrei cacciato e vi spiego perché: siamo ormai fuori dal mondiale, Ventura ha un contratto fino al 2020 ma che ha comunicato voler rescindere a giugno 2018 e sino ad allora la Federazione gli dovrà riconoscere €. 800.000,00. Perché non lasciare Ventura al suo posto fino a giugno 2018 visto che non ci sono scadenze o impegni particolari? Perché accollarci l’ingaggio di un nuovo allenatore che sicuramente pretenderà di più? Si dice, giustamente, che il pesce puzza dalla testa e la testa di questo pesce ha un nome: Carlo Tavecchio classe 1943 ossia 74 anni. Già il nome dovrebbe essere premonitore, vi è l’aggettivo giusto, “vecchio”: come può un signore di oltre settanta anni e che proviene dalla lega dilettanti confrontarsi con il calcio moderno? Come può uno che nel 2014 ha fatto acquistare alla FIGC per 108.000 euro un libro scritto da se stesso e che, beffa del destino, si intitolava “…ti racconto … il calcio”, dirigere una federazione tanto importante? Sono domande che avrei voluto porre a tutte le società professionistiche di serie A che lo hanno votato, eccetto la Juventus. Giusto per confermare la sua inopportuna presidenza, così come diceva un politico di lungo corso nocese (il simpaticissimo Enzo “Falco”) “… nessuno lascia la poltrona perché quando uno si siede quella diventa autofilettante, più si siede più si attacca…”, volontariamente non si dimetterà mai.
Le colpe non sono mai tutte di una sola persona per cui oltre al presidente ed all’allenatore ci metterei anche i calciatori strapagati, straesaltati e più attenti al look che alla prestazione laddove vi sono sport cosiddetti minori (ma di minore c’è solo chi lo dice) con atleti che fanno quotidianamente mille sacrifici, non supportati dalle istituzioni, e che portano lustro al nostro paese (la scherma, il tiro con l’arco, il ciclismo, la corsa ed altri sport di squadra che sarebbe lungo ricordarli tutti). Ciò non toglie che siamo, come dice Vittorio Sgarbi, un popolo di capre!