NOCI – Chi sostiene che “scrittori si nasce” non ha poi tutti i torti, e la giovane barese Stefania Meneghella, classe 1994, ne è uno splendido esempio, poiché a soli 7 anni ha cominciato a scrivere racconti prendendo spunto non solo da tutto ciò che la circonda, ma soprattutto dal suo mondo interiore, un posto unico ricco di emozioni, sentimenti e profonde riflessioni.
Ospite a Noci lo scorso 20 gennaio, presso la libreria Mondadori Point, la scrittrice ventitreenne ha presentato il suo primo romanzo “Silenzi Messaggeri, pubblicato nel 2016, recensito ed amato da critici letterari, testate giornalistiche, siti web e trasmissioni televisive, e presente alle più note Fiere del Libro italiane, accompagnata in questo breve viaggio dall’esperienza della nocese Giannetta Trisolini, che ha sottolineato i passaggi fondamentali del libro leggendone alcuni estratti.
Il romanzo si svolge in maniera antitetica e parallela allo stesso tempo, narrando le vicende di due ragazzi, Jamie e Schlomo, che pur senza incontrarsi riescono a dar vita ad una corrispondenza di sentimenti, uniti solo dal silenzio, entità cardine del libro e molto cara all’autrice. All’interno di questo silenzio ciascuno dei due protagonisti ha trovato la sua dimensione, il suo spazio per essere coraggiosamente sé stesso, per dimenticare o cercare d’ignorare per qualche istante la dura realtà che tanto lo fa soffrire. Infatti, i due ragazzi hanno alle spalle vicende difficili: Jamie si sente sola all’interno di una famiglia dispotica, e cerca di superare questo malessere, aggravato da un episodio di violenza, nella sua amata scrittura; Schlomo invece, suona il violino e nelle sue note affonda il tremendo dolore provato per la morte del padre.
«Sono due storie inizialmente completamente opposte che nel corso della storia iniziano ad intrecciarsi. Il legame tra i due protagonisti è costruito sul silenzio, sulle lettere. Un legame attraverso cui le parole viaggiano. Il silenzio dev’essere messaggero perché deve unire i due poli della terra per creare un mondo migliore. Per me il silenzio è scrivere, è la natura, è inseguire le mie passioni. È un silenzio che nasce in maniera individuale ma che dovrebbe espandersi all’intera società» ha raccontato l’autrice.
Particolarità del libro è lo stile scelto dalla scrittrice. Infatti, si stratta di un romanzo epistolare, scelta derivante dalla passione di Stefania per i classici, scritto in prosa, modalità prediletta per una maggiore libertà dagli schemi. In realtà però, nel libro la prosa e la poesia si fondono, cancellando le regole proprie delle poesie.
Un’altra peculiarità del romanzo è la ripetizione, che racchiude un significato preciso, poiché rispecchia le situazioni dolorose dei due protagonisti che si ripetono in continuazione nella loro mente per tutto l’arco della vita. Inoltre, notevole attenzione merita la copertina, realizzata proprio dalla madre di Stefania, che con poche immagini racchiude l’intero contenuto del libro.
A conclusione della serata, Stefania racconta: «In ogni storia c’è una grande parte autobiografica, in questo c’è il 30%, il resto deriva da alcuni miei studi sociali. Io scrivo nella mia cameretta però con la mente sono sotto il salice, perché penso che la natura sia il luogo più adatto per incontrare il silenzio, come lo è per Jamie e Schlomo. Questo è stato il mio primo romanzo e ho sentito dentro di me il bisogno di scrivere questa storia e dedicarla al silenzio che per me è la cosa più importante. Mi piace dare ad ogni cosa un significato. Ho voluto dare un finale aperto nel libro in maniera da lasciare libero il lettore di interpretarlo come vuole. Nella mia mente c’è un sequel di questo romanzo composto da sole lettere tra i due protagonisti. Per ora però, sto iniziando un nuovo libro separato da questo».
Insomma, come da molti sottolineato, Stefania Meneghella è la dimostrazione di come la passione e la determinazione siano il segreto del vero successo, raggiunto non solo grazie al talento, ma soprattutto grazie alla lettura, l’unico strumento che ci consente di vivere due volte e di conservare sempre qualcosa di ogni viaggio.