NOCI – Il mese più breve dell’anno si apre con una ricorrenza particolare: la Candelora, che secondo la tradizione cattolica cade il 2 febbraio. Le usanze e le storie legate alla Candelora sono diverse e curiose. Hanno un’origine pagana e cristiana e si sono tramandate nei secoli in tutta Italia, con tratti comuni da Nord a Sud.
Anche Noci ha le sue tradizioni. Cominceremo ad esaminarle a partire da un celebre proverbio:
“A Cannelóre, a vernète é fóre, ma ce l’arrive a ccunduè, n’at’e ttande tu n’a ‘cchjè.”
I nostri antenati avevano intuito che, arrivati a questo periodo dell’anno, si ha ormai la sensazione di essersi lasciati buona parte della stagione fredda alle spalle. A ben vedere, però, calendario alle mani, per l’arrivo della primavera manca esattamente lo stesso numero di giorni. Perché la Candelora spacca esattamente l’inverno in due. E allora ci si sente come l’orso che, svegliatosi dal lungo letargo, mette il muso fuori per un attimo, ma torna subito dentro a dormire, perché l’inverno è tutto fuorché finito.
Non a caso, in alcune zone d’Italia, la Candelora è detta proprio “il giorno dell’orso”. È un’efficace metafora che con qualche variante, è arrivata anche qui a Noci. Avrete sicuramente sentito un detto popolare che riguarda l’orso e u pagghjère. Si tratta di una credenza che aiuterebbe a stabilire quanti altri giorni d’inverno freddo bisogna aspettarsi a seconda che durante il 2 febbraio piova o faccia bel tempo. Ebbene, in quest’ultima ipotesi, l’orso uscito dal letargo troverebbe le condizioni ideali per costruirsi un pagliaio dove proseguire tranquillamente il letargo per altri quaranta giorni, e quindi per gli uomini, l’inverno continuerebbe ancora rigido per più di un mese. In caso di pioggia, invece, l’orso rientrerebbe immediatamente, non avendo modo di costruirsi u pagghjère, preannunciando così, una fine imminente della stagione più rigida.
Si diceva che la Candelora è una celebrazione pressoché cattolica. È denominata dalla Chiesa “Festa delle Luci”. Infatti, secondo il Vangelo di Luca (2,25), quaranta giorni dopo il Natale, Gesù fu condotto da Maria e Giuseppe al Tempio, per incontrare il suo popolo credente ed esultante. Cristo è definito la “luce per illuminare le genti”, da cui il chiaro riferimento alle candele ed al nome che ne deriva.
La festa è detta anche di “Purificazione della Madonna”. Il motivo primario per il quale Maria condusse Gesù al tempio, infatti, è legato ad una legge ebraica, per la quale ogni madre, dopo aver partorito, era considerata impura e doveva, dunque recarsi al Tempio per purificarsi (quaranta giorni dopo il parto, se madre di un maschio, sessantasei, se madre di una femmina).
Questo rituale è arrivato fino a noi, con il nome di sscénne e Sandere e aveva come scopo la purificazione della madre e la presentazione del figlio alla Chiesa. Dopo aver camminato in processione fino alla Chiesa Matrice, la puerpera aspettava in ginocchio il sacerdote, in cotta e stola bianca, sotto l’effigie della Madonna del Rosario, con in mano un cero acceso e con accanto un’accompagnatrice che reggeva il bambino. Il sacerdote, dunque, dopo averla aspersa con l’acqua santa e pronunciato il salmo 23, la invitava ad alzarsi, le porgeva il lembo sinistro della stola e la accompagnava all’altare della Vergine Immacolata. Alla fine del rito, la donna poteva ritenersi purificata.
Secondo un’altra tradizione cristiana del nostro paese, al rintocco dell’ora terza del 2 febbraio, cioè alle 9.00, avveniva la benedizione delle candele con acqua e incenso nella chiesa di Santa Chiara. Dopo di che, i fedeli, con i ceri in mano, si recavano in processione fino alla Chiesa Matrice, dove veniva celebrata la messa. Non era insolito, inoltre, tirare fuori quelle stesse candele benedette ogni volta che scoppiava un temporale, per auspicare un ritorno della luce.
In verità, la Candelora ha origini ancora più remote di così. È legata alla festa pagana dei Lupercali, celebrata dagli antichi Romani dall’inizio di febbraio fino al 15 del mese, proprio nei giorni più freddi del mese purificatorio, in onore del dio Fauno nella sua accezione di Luperco, protettore del bestiame ovino e caprino dall’attacco dei lupi. Secondo un’altra ipotesi, invece, avanzata da Dionisio di Alicarnasso, i Lupercali ricordavano il miracoloso allattamento di Romolo e Remo da parte della lupa che aveva da poco partorito. Anche questa ipotesi, dunque, è legata alla fertilità e alla maternità.
Spostiamoci ora nella vicina Campania, dov’è presente un’altra interessante tradizione legata alla Candelora. Si tratta della juta dei femminielli, ovvero la processione che ogni 2 febbraio i cosiddetti femminielli (termine napoletano che indica gli omosessuali o gli androgini) compiono fino al santuario di Montevergine, in provincia di Avellino, dove si recano in pellegrinaggio per venerare la Madonna nera del monte Partenio. Secondo una leggenda della seconda metà del tredicesimo secolo, due giovani, scoperti in un amplesso omosessuale, furono banditi dal loro paese e lasciati a morire di fame e di freddo nei boschi, legati ad un albero. Ma la Madonna ebbe pietà di loro e li salvò dalla condanna. Un miracolo che, ogni anno, viene ricordato e onorato al suono di tammorre e nacchere, con canti licenziosi, motti salaci e vesti colorate. La Madonna del Partenio è una madonna nera, maestosa e seducente, come la terra fertile di cui è protettrice. Non a caso, prima della cristianità, sugli stessi monti si onorava proprio la dea della fertilità Cibele e i suoi sacerdoti, rigorosamente eunuchi (precursori, dunque, dei femminielli), la onoravano con danze ossessive al ritmo sfrenato di tamburi.
Abbiamo aperto con un proverbio e così chiudiamo, tornando a Noci:
“A Cannelóre, tutte i gaddine ngègnene all’óve”
Siamo nuovamente nel regno animale. Le galline tendono a fare meno uova d’inverno, perché l’ovulazione dipende dalla quantità di luce presente nella giornata ed è tanto più duratura quanto più sole c’è. Proprio perché il 2 febbraio è il giorno della luce, secondo la saggezza nocese, le galline possono mettersi all’opera al massimo delle loro possibilità.
Ancora un’altra tradizione legata alla fertilità, dunque. E allora, che ci muoviamo nel regno animale o umano, che ci troviamo in tempi pagani o cristiani, che siamo a Noci o nel resto d’Italia, possiamo ben dire che la Candelora è la festa della luce e della prosperità.
Chiara Fasano